Solo chi può sentirla trova la rotta. La storia segreta di Radio Atlantide raccontata da Massimo Siddi

Reading Time: 3 minutesAtlantide è sempre stata nella mia testa, non esattamente come poi si è sviluppata ma c’è sempre stato un luogo più o meno mitico, dove la mia mente andava a rifugiarsi per trarre qualche idea, una ispirazione. Succedeva così che dopo molti anni passati ad occupare, con grande piacere spero reciproco, la fascia del pomeriggio di Radio Play Studio che allora era animata da molte belle e grandi voci e ancora non si era trasformata in “Dance Network”, arrivai ad un punto che il mio modo troppo espressivo di intendere la radio, andò a scontrasi con le diverse esigenze commerciali dell’editore che un po’ alla volta stava virando verso il mondo delle discoteche. Siamo sul finire degli anni ’80, oggi le chiamerebbero radio personality ma allora era troppo presto per concetti del genere e obiettivamente, Play Studio mica era mia.

Radio Atlantide La Storia segreta raccontata da Massimo Siddi

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Non ho idea del perché, prendendo appunti per idee e possibili articoli, sia saltato fuori un titolo così; in verità non so neppure se esiste una storia segreta di Radio Atlantide e soprattutto se possa trovare il tuo interesse ma tant’è, oggi gira così. È un mondo difficile e vita intensa, lo so.

Atlantide è sempre stata nella mia testa, non esattamente come poi si è sviluppata ma c’è sempre stato un luogo più o meno mitico, dove la mia mente andava a rifugiarsi per trarre qualche idea, una ispirazione. Succedeva così che dopo molti anni passati ad occupare, con grande piacere spero reciproco, la fascia del pomeriggio di Radio Play Studio che allora era animata da molte belle e grandi voci e ancora non si era trasformata in “Dance Network“, arrivai ad un punto che il mio modo troppo espressivo di intendere la radio, andò a scontrasi con le diverse esigenze commerciali dell’editore che un po’ alla volta stava virando verso il mondo delle discoteche. Siamo sul finire degli anni ’80, oggi le chiamerebbero radio personality ma allora era troppo presto per concetti del genere e obiettivamente, Play Studio mica era mia.

Dal pomeriggio, dalle 14 alle 17 perciò e perché separarsi dopo così tanti anni, molto belli e di crescita del marchio Play Studio, non era facile, dopo una breve pausa mi ritrovai a condurre una trasmissione serale che richiamava inevitabilmente il Play Pomeriggio ma che intitolai “Città di Frontiera“. Sulla particolarità della fascia – oggi sarebbe quella dell’aperitivo, dell’apericena ma allora era solo un momento di scarsissimo ascolto. In pratica un esilio dove non avrei potuto più fare danni  – cominciai a costruire l’ambientazione  radiofonica che mi poneva “al confine tra il giorno e la notte, in quella sottile linea di indefinibile che normalmente chiamiamo sera… Qui sorge Città di Frontiera“.

Cosa c’entra Merdman di Lucio Dalla lo vedremo più avanti ma intanto mi serve per darti un riferimento temporale abbastanza preciso, siamo infatti tra il 93 e il 94 e per tutta una serie di motivi che non sto qui a raccontare perché aprirebbero un diverso capitolo di un’altra storia oggi lo chiamerebbero spin-off ma nel caso, ce ne occuperemo in altra occasione –  incontrati una giovane imprenditrice della comunicazione pubblicitaria che chiamerò, usando un nome di fantasia, Silvia a cui avevo fatto credere di essere donna anch’io, esperta di analisi e marketing strategico, branca della comunicazione che mi aveva sempre appassionato sin dai tempi del Liceo.


Silvia aveva creduto a questa mia falsa identità, perché il nostro “primo contatto” avvenne in una chat di videoteloggi lo si definirebbe social media, Facebook e cose così. Sì insomma, a questo punto credo tu abbia capito che sono vecchio –  dove interpretavo 7 personaggi diversi, 6 donne e me stesso. Uno di questi era appunto, il fake di Simonaè sempre un nome di fantasia perché non ricordo quale alias utilizzassi effettivamente – che dopo una lunga e bella chiacchierata virtuale con Silvia si conclude con l’invito ad andare presso la sua casa di produzione per tentare una collaborazione.
A quel punto, come ben capirai, si apriva un grosso, grossissimo problema ma ti dirò Silvia, dopo una prima incazzatura scoprendo l’inganno, la prese anche bene tanto che mi chiese uno script per un numero zero di “Città di Frontiera” ma da mandare in TVoggi la chiamerebbero radiovisione …. sì ok, dai la smetto.


La storia non finisce qui ma mi sembra bella; magari poi ti racconterò anche come si arrivò a Radio Atlantide, devi però sapere che come ho scritto sopra,  Jim Morrisson doveva essere in grado di interagire con me, alle mie domande – sì interagire si dice oggi ma già allora era un vocabolo che prevedevo non avrei sopportato – perciò la realtà virtuale dei personaggi, non poteva essere da B-Movie ma qualcosa di assolutamente credibile. Silvia leggendo lo script del numero zero, strabuzzò gli occhi, alzò la testa e non sapendo se ridere o piangere mi disse. “Ma per chi mi hai preso, per George Lucas?” 

… to be continued [cit.]