La banalità di Internet

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Vorrei dire una banalità. Se ne dicono tante, una più una meno, non cambierà certo le sorti del pianeta: l’era digitale nata con Internet è una rivoluzione di proporzioni bibliche, al pari dell’invenzione della stampa, della scoperta dell’America, dello sbarco dell’uomo sulla Luna.

Forse non ce ne rendiamo conto ma basterebbe guardare indietro anche solo di dieci/quindici anni, per rendersi conto di quanto è cambiata la nostra vita.
Averla affrontata senza paura, senza cedere alla nostalgia dell’adolescenza, è stato il modo migliore per vivere il presente e affrontare il nostro prossimo futuro. Passo dopo passo siamo entrati nell’era digitale.

Per me, “nato” in radio circondato dalla musica, sapere che i precursori del linguaggio digitale che utilizziamo anche inconsapevolmente oggi, sono stati i Grateful Dead e Radio Alice è motivo di indescrivibile, immensa soddisfazione.

Digitali prima di te!

Proprio così, se mentre prima dell’avvento di Internet la nostra “esperienza utente” era condizionata dalle interruzioni pubblicitarie, che nelle intenzioni dei marketers dovevano “informarci” per soddisfare le nostre fantasie, oggi l’informazione di tutto ciò che ci può servire, per bisogno o desiderio, può essere trovato su Internet, gratis e “come, dove e quando” vogliamo noi.

Senza grandi giri di parole, si è invertita la corrente delle informazioni: se prima il DJ ti parlava dal suo punto di vista, da dentro a fuori, oggi sei tu che da fuori vai a prenderti l’informazione che stavi cercando, direttamente “dentro“, dove si trova.

Potrebbe diventare molto lungo entrare nei dettagli ma, fai conto, che la stragrande quantità dell’attenzione che dedichi a Internet, deriva dalle tue scelte. Dalle newsletter, ai video che vuoi vedere, dalle notizie che ti interessano, fin anche ai Social che vuoi utilizzare.

Radio Alice, Social prima di Facebook

Prova a pensare ai Social: a Facebook per citare il più utilizzato. Bene, nel 1976 esisteva già e si chiamava Radio Alice che certamente nasceva da qualcosa che già esisteva, A/traverso per essere precisi, il foglio di agitazione culturale e politica che utilizzava il “linguaggio creativo” che divenne il marchio di fabbrica di Radio Alice.

Radio Alice è la voce di chi non ha mai avuto la parola” è la perfetta sintesi di tutte le anime che si agitavano dietro gli altoparlanti del transistor, come ci dicono Bifo e Gomma che hanno curato “Alice è il Diavolo” del Collettivo A/traverso.

E se ci pensi bene cos’è un Social Media se non questo?

“Ki informa Ki”, diceva l’anima informativa. Quella dei duri e puri.
Zut e divenire perfettissimo / perfettissimo è divenire Zut” diceva l’anima poetico-libertaria di Radio Alice che tanto richiama quel “Sii come Bill” che troviamo spesso si Internet?

Quel modo di ostentare sé stessi alla maniera dei dadaisti: “Parlo sempre di me perché non voglio convincere nessuno, non ho il diritto di trascinare gli altri nella mia corrente, non costringo nessuno a seguirmi e ciascuno si fa l’arte che gli pare.”
Senza poi dimenticare l’anima freakettona, quella che se non era in “viaggio” era forse la più divertente e frequentata.
La controinformazione, il telefono aperto e senza filtri di Radio Alice diventa un Facebook ante litteram.

Grateful Marketing

La banalità è questa in fondo: Internet, quell’anima libertaria che la contraddistingue, sia pur nata per scopi di difesa, esisteva già dagli anni 60 (ARPANET è nata nel 1969).

I Grateful Dead nascono nel 1965 ma già allora, Jerry Garcia e gli altri, avevano perfettamente chiaro come si doveva fare marketingdigitale. Ovviamente non sapevano nulla di Internet e del resto ma quel loro modo di curare i propri fan senza divismo, è quello che oggi è diventato un preciso modo di fare marketing, moderno e perfettamente sintetizzato dalle parole di Marco Stanzani della Red&Blue Music Relations: “Preferisco cento followers attivi e vivaci piuttosto che mille followers apatici e inattivi. L’interazione determina la fenomenologia”.
Banale ripeterlo ma il segreto è tutto.

Radio Alice, invece, è stata tutto quello che la Radio doveva essere con l’avvento di Internet ma che non ha avuto la capacità di diventare. Col senno di poi, non lo ha mai voluto.
Non è un caso che da ormai cinque anni a questa parte la disaffezione verso il mezzo da parte del “pubblico”, è una tendenza che pare inarrestabile.

La Radio di sottofondo o solo rumore di fondo?

Scelte tecniche che non hanno appeal verso le nuovissime generazioni oltre al fatto che, anche le vecchie, sono sempre più abituate alle nuove tecnologie, da cui traggono notevoli benefici: di tempo, di denaro, di facilità d’uso. Uno strumento che sentono loro e che gli risolve quei problemi che quotidianamente si presentano.

 C’è poi il mai abbandonato atteggiamento autoreferenziale che la Radio continua a proporre non solo ai propri ascoltatori e che non produce più alcun effetto. Non si può neppure considerare alla maniera dei dadaisti che al contrario, effetti ne produssero e tanti.

La Radio oggi e pare che alcuni lo dichiarino con orgoglio, è diventata un “sottofondo”, o forse sarebbe meglio dire: un indistinto rumore di fondo da cui non si percepisce nulla e nulla si ricorda.