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C'è La Radio Nel Tuo Futuro
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È un dilemma mica da poco. Ce lo metto o no il punto interrogativo? Il titolo è “C’è la Radio nel tuo Futuro?” oppure “C’è la Radio nel tuo Futuro!”
Per quanto strano possa sembrare e comunque tu la metta, la risposta è sempre e solo una: “Sì, c’è la Radio nel tuo futuro. Dipende poi da come la Radio saprà tradure (leggi, comprendere) i cambiamenti della comunicazione in atto da tempo.

Tra le altre, oltre ad aver girato lo domanda/affermazione ad un certo numero di amici e colleghi e aver ricevuto la quasi unanime risposta: “Vai avanti tu che a me mi scappa da ridere”, sembra che ai piani alti della Radio qualcuno, pochi in verità e non senza qualche dubbio sulla reale capacità di cambiamento, si stia cominciando a svegliare. Non si può però non sottolineare con quanto colpevole ritardo.

Che Radio Avrai nel tuo futuro?

Dunque, mettiamola così: “la Radio che avrai nel tuo futuro, non sarà quella che forse ogni giorno, ancora oggi, accendi e ti metti in sottofondo. Quel tipo di Radio totalmente disgiunta dalla realtà, quella nazional-popolare (d’ora in poi “nazipop”) è giunta alla fine dei suoi giorni. Rantola ancora dal transistor, è vero, e ti chiede ancora insistentemente un WhatsApp vocale o un like su Facebook per argomenti di cui non ti frega nulla. O quando va proprio di lusso, su “notizie” vecchie che hai già letto e forse commentato, dalle tue bolle: Twitter, Facebook, Instagram e via così socializzando.

Brutto segno quando proponi cose vecchie pensando che i tuoi ascoltatori non le conoscano o ne possano essere interessati. Brutta cosa per te, mia cara, amatissima Radio, che nasci proprio per “stare sul pezzo” quando quello accade. Oggi, non riesci più ad arrivare neppure seconda.

Je t’accuse, Radio

È quella Radio che ancora fatica a comprendere quello che veramente vuoi perché ti possa trasformare da semplice ascoltatore passivo a fan attivo: Ambasciatore si dice. Perché, fondamentalmente, nell’Era Biomediatica in cui siamo, anche l’ascoltatore non esiste più. C’è una persona nuova dall’altra parte del vetro che non ascolta ma va ascoltata.

Io accuso quella Radio generalista che ti spara il suo essere la “numero uno” ( di che cosa, ancora non si è capito), che ti dice dei milioni di “mi piace” delle sue pagine, nascondendoti però tutto il resto. Che ti interrompe ogni 15 minuti con spottini di nessun interesse. Tutto quello che oggi, al contrario, conta.

Brutta cosa ma sapendoti morta già dagli anni ’80, difficile oggi meravigliarsi. L’unico stupore – guarda che adesso ti sto trollando, eh – è il tempo che a quei piani alti di cui ti dicevo prima, abbiamo impiegato per accorgersene.

La Radio ha cominciato a morire già all’inizio degli anni ’80, quando cioè si è consegnata, consapevolmente, a quel nazi-pop che dalle TV Mediaset ha, come dire, conquistato l’Italia. Negli anni ’90 abbiamo raggiunto il culmine e quando molti applaudiva e festeggiavano, pochi vedevano già l’inizio della fine, tanto da sentire il bisogno di percorrere nuove strade.

La Creatività è morta, Viva la Creatività


Si è cominciato con l’uccidere la “critica”; è morta d’inedia poi, la creatività che non è un talento naturale a cui non tutti possono accedere ma un continuo e duro lavoro alimentato dalla capacità di analisi e critica.

Oggi la Radio è ad un bivio; i numeri del continuo calo di ascoltatori la mettono di fronte ad uno specchio dove appare completamente nuda. Debole rispetto al mondo che cambia.

Riuscirà a darsi un futuro?