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Città di Frontiera, Il Brivido del Futuro
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Città di Frontiera
Bologna, Berlino, Londra, New York

“Il rock italiano propriamente detto, nasce, in pratica, col cambio del decennio tra gli anni ‘70 e ‘80.
Dopo le prime timide esperienze punk, timide e assolutamente non molto propagandate, comincia a svilupparsi una nuova scena parallelamente alla cosiddetta New Wave che andava all’estero, e questa scena, fondamentalmente, comincia a coagularsi qualche cosa a Bologna…(skip)

Diciamo che fondamentalmente, la New Wave Italiana è partita lì, a Bologna”
(Federico Guglielmi – “Crollo Nervoso” (2009) prima puntata)

“Bologna è la città italiana che lo recepisce maggiormente per una serie di coincidenze. Prima di tutto c’era un’etichetta discografica: la Italian Records. Poi c’erano due negozi di dischi: Nannucci e il Disco D’Oro, perché è importante avere anche il materiale che ami.

E poi c’ero io che trasmettevo in radio e avevo iniziato a scrivere su “Il Resto del Carlino”, che era il giornale locale. Quindi abbiamo dato spazio non soltanto ai gruppi bolognesi ma anche a gruppi da tutta Italia. E quindi, Bologna era il centro.”
(Red Ronnie – “Crollo Nervoso” (2009) prima puntata)

Al centro del mondo trovi Bologna

Bologna è il centro del mondo ma soprattutto, è il centro del nostro mondo. E quando ci interroghiamo su fatti e accadimenti che così l’hanno collocata, come in un ritorno al futuro torniamo con la mente su quei luoghi, in quei giorni quando tutto il nostro corpo era pervaso dal brivido del futuro. 

“Io me lo ricordo, il brivido del futuro. Solo una manciata di esempi della mia vita di ascoltatore attento: “I Feel Love”, Computer World, “More Bounce to the Ounce”, “Ashes to Ashes”, Remain in Light, “Love Action”, “Ghosts”, Into Battle with the Art of Noise, “Hip Hop Be Bop”, “Neddle to the Groove”, “This Brutal House”, “Acid Trax”, “Energy Flash”, “Terminator”, “We Have Arrived”, “Renegade Snares”, “Who Am I (Sim Simma)”, “Are You That Somebody?”, “Frontline”…
Il brivido del futuro è diverso dall’adrenalina dell’incontro con la vera originalità (l’ardore carismatico di una personalità unica, lo stile di una voce e un linguaggio inimitabili: un Morrissey, una Byörk, un Jay-Z, un Dizzee Rascal). È una sensazione elettrica impersonale provocata da forme nuove, non facce nuove; è uno sballo molto più puro e forte. È quella scossa paurosa-euforica che la migliore fantascienza sa darti: la vertigine dell’illimitatezza.
Il futuro secondo me, deve ancora arrivare”
(Simon Reynold – dall’ultima pagina di Retromania e prima della prefazione di Futuromania.)

Me lo ricordo il Futuro

Tutto ebbe inizio e allo stesso tempo finì, il 23-24-25 settembre 1977 con il “Convegno contro la Repressione” che prendeva le mosse dal “Manifesto contro la repressione”, apparso il 5 luglio sul quotidiano “Lotta continua” e firmato da una trentina di intellettuali francesi, fra cui Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, Gilles Deleuze e Felix Guattari.
La miccia, perché tutto ciò accadesse, fu il tragico prologo dell’uccisione di Francesco Lorusso: l’11 marzo 1977.

È in quei giorni dedicati al convegno dove, mentre il “Movimento Studentesco” si lascia travolgere dalle posizioni politiche di Autonomia Operaia, la parte creativa del movimento bolognese fa nascere l’Harpo’s Bazar, grazie all’iniziativa e alla voglia di trovarsi un lavoro “non convenzionale” di Oderso Rubini. Qui si esibiscono i “Centro d’Urlo Metropolitano” con “Mamma Dammi la Benza” che diventarono, subito dopo, i “Gaznevada”. C’erano gli Skiantos, i Confusional Quartet e soprattutto, c’era Radio Alice.

Questo è il momento preciso dove Bologna si mette al centro delle nostre vite.

Qui si crea il futuro, il nostro, e ci rimane.

“Marty! Devi tornare indietro con me… Indietro, nel Futuro!”

Quei fatti, sommati a molti altri degli anni precedenti, forse l’onda lunga del ’68, non furono solo la scintilla determinante per farci diventare quelli che oggi siamo ma diventarono l’ultima fiammata di ribellione pura prima degli anni ’80, l’inizio della barbarie, volendo parafrasare il titolo del libro di Paolo Morando.

Bologna, grazie alla fondamentale presenza della sua Università, la più antica del mondo, ha sempre saputo cogliere tutti i cambiamenti, non sto esagerando, dell’umanità. Attraverso le arti, grazie alla libertà espressiva dei suoi artisti. Bologna è l’ombelico del nostro mondo con cui connettersi, per restarne in contatto, a Berlino, Londra, New York.

Non è un caso, non lo era allora e non dovrebbe esserlo neppure oggi, che se sei in tour o hai il tuo nuovo disco da promuovere, prima di tutto, suoni a Bologna.

Bologna: Città di Frontiera

Bologna non è una città come tutte le altre. anzi, Bologna proprio non è una città: è un multiverso dove tutto accade prima, sempre, anche quando credi di essere stato tu il primo.

Senza Bologna, noi non saremmo mai esistiti. Francesca non sarebbe la Francesca che conosciamo, io non sarei mai esistito e neppure Marco, Roberto, Giulia, Chiara, Marina, Paola, Maurizio, Augusto…

Bologna è un po’ Londra e un po’ New York. Bologna è molto più Berlino, dove è stato anche il Bonetti e sia pur la trovasse un po’ triste, molto grande, continua a far rima con bambino.

La Stazione del Treno