Da SOPHIE a Lil Nas X: Identità di Genere 2010-2020

Reading Time: 16 minutesDai blues queer degli anni ’20 all’hyperpop contemporaneo: 100 anni di rivoluzione identitaria attraverso la musica. Un viaggio da Ma Rainey a SOPHIE, esplorando come la tecnologia e l’arte abbiano trasformato l’espressione di genere nella cultura popolare, anticipando il futuro post-gender della società digitale

Fasci di luce colorata su sfondo bianco che creano uno spettro arcobaleno, rappresentando la diversità e fluidità identitaria

Strisce di luce multicolore che simboleggiano la diversità e fluidità dell'identità di genere nella musica dal 1920 al 2020.

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27 marzo 2015, East London.

In uno studio ricavato da un magazzino industriale di Hackney, una figura misteriosa dietro il nome SOPHIE sta per pubblicare “LEMONADE/HARD” – due tracce che suonano come il futuro della musica pop filtrato attraverso un malfunzionamento di PlayStation. Il primo brano imita una pubblicità di bevande energetiche spinta fino all’assurdo, il secondo è un manifesto di aggressività femminile che demolisce ogni categoria di genere musicale esistente.

Non lo sa ancora nessuno, ma quella doppia A-side cambierà per sempre il rapporto tra tecnologia, identità e musica popolare. In quattro minuti scarsi, SOPHIE ha inventato l’iperpop – il primo genere musicale veramente nativo della Generazione Z, completamente sganciato dalle categorie binarie che avevano dominato la musica per un secolo.

Gli anni 2010 saranno il decennio delle grandi contraddizioni: dove il sotterraneo diventa dominante senza perdere la propria radicalità, dove il Pride Month si trasforma in campagna di marketing globale, dove artisti apertamente queer conquistano le classifiche mentre altri vengono sistematicamente emarginati dall’industria.

È il decennio che ci porterà da MySpace a TikTok, dal coming out come evento traumatico alla fluidità di genere come default generazionale, dalla lotta per la visibilità alla resistenza contro la cooptazione commerciale dell’identità queer.

Un viaggio attraverso la decade che ha normalizzato la rivoluzione identitaria, aprendo scenari dove le categorie di genere potrebbero diventare obsolete.


LONDRA, 2013: PC MUSIC E LA FABBRICA DEI SOGNI ARTIFICIALI

Studio sotterraneo, East London. Autunno 2013.

A.G. Cook – ventitreenne produttore con background in musica classica contemporanea – fonda PC Music, un collettivo che sembra più progetto d’arte concettuale che etichetta discografica. L’idea è semplice e rivoluzionaria: portare l’estetica della pubblicità pop degli anni 2000 all’estremo logico, creando musica che è così artificiale da risultare più autentica della “naturalezza” tradizionale.

Il primo rilascio è “Beautiful” di QT (Hannah Diamond + SOPHIE + A.G. Cook) – una canzone che promuove una bevanda energetica inesistente con un video che sembra pubblicità televisiva decostruita. Ma sotto la superficie giocosa, sta nascendo qualcosa di molto più profondo.

L’Estetica della Perfezione Artificiale

PC Music non crea musica: sviluppa simulacri di musica pop che rivelano i meccanismi nascosti dell’industria dell’intrattenimento. Hannah Diamond – modella e fotografa che diventa popstar sotto la direzione artistica del collettivo – non canta nel senso tradizionale: rappresenta l’idea di cosa significa essere una popstar nell’era digitale.

I suoi brani – “Attachment“, “Pink and Blue” – sono esercizi di stilizzazione estrema dove ogni elemento (voce, melodia, produzione, immagine) viene spinto oltre il punto di rottura fino a rivelare la propria artificialità costruita.

SOPHIE – inizialmente membro ombra del collettivo, accreditata solo come produttrice – porta questa estetica alla sua conclusione logica.

“BIPP”: Il Manifesto Post-Umano

“BIPP” (agosto 2013) non è una canzone: è una dichiarazione di indipendenza dalle categorie musicali tradizionali. Il beat principale sembra un malfunzionamento di videogame, la melodia vocale è così processata da risultare completamente gender-neutral, la struttura compositiva rifiuta i pattern pop tradizionali.

SOPHIE usa la tecnologia non per imitare strumenti esistenti, ma per creare suoni che non hanno equivalenti nel mondo analogico. La sua musica è progettata per esistere solo nell’ambiente digitale, in una dimensione post-umana nel senso più letterale.

La voce – sua o di un collaboratore sconosciuto, processata fino all’irriconoscibilità – galleggia sopra il ritmo come entità digitale pura, sganciata da qualsiasi corpo biologico. È l’evoluzione logica dell’Auto-Tune di T-Pain: se quello umanizzava la tecnologia, questo digitalizza completamente l’umano.

Il Network Globale

PC Music funziona come rete distribuita prima che esistano le piattaforme digitali per supportarlo. Artisti collegati al collettivo – GFOTY, Danny L Harle, Planet 1999 – pubblicano musica attraverso SoundCloud, creando un ecosistema che bypassa completamente l’industria tradizionale.

L’estetica visiva completa questa rivoluzione concettuale. I video – diretti principalmente da Hannah Diamond e SOPHIE stessa – sembrano estratti da un universo parallelo dove l’estetica commerciale è diventata forma d’arte autonoma.

Colori primari saturi, effetti CGI volutamente fake, makeup che trasforma i volti in maschere digitali – ogni elemento visivo rifiuta la “naturalezza” per abbracciare l’artificiale come categoria estetica superiore.


📦 FOCUS: SOPHIE E LA POP ART 2.0

SOPHIE e A.G. Cook possono essere considerati gli Andy Warhol dell’era digitale? Il parallelismo è più che suggestivo.

Factory vs PC Music Collective: Come la Factory di Warhol, PC Music funziona come laboratorio collettivo dove l’identità artistica individuale si dissolve in un progetto estetico condiviso. Ma mentre Warhol simulava processi industriali, PC Music li usa realmente attraverso software e piattaforme digitali.

Critica al consumismo: Warhol trasformava icone consumistiche (Campbell’s Soup, Coca-Cola) in arte critica. SOPHIE e QT letteralmente creano pubblicità fake (“Beautiful” per una bevanda energetica inesistente) che diventano hit musicali – non rappresentano il consumismo, lo abitano dall’interno.

Identità come costruzione: Entrambi rivelano l’artificialità dell’identità, ma con strategie opposte. Warhol restava enigmaticamente ambiguo (“I want to be a machine”), SOPHIE usa l’artificialità per esplorare autenticamente la propria identità trans.

L’evoluzione cruciale: Nell’era digitale, non basta più commentare la cultura pop dall’esterno – bisogna diventare parte del sistema che si critica. SOPHIE non osserva l’industria musicale: la trasforma dall’interno, democratizzandola attraverso la tecnologia.

Pop Art 2.0: quando l’arte non si limita a rappresentare l’artificialità, ma diventa artificiale in modo autentico.


2014-2016: CHARLI XCX E LA POPSTAR DECOSTRUITA

Abbey Road Studios, Londra. Primavera 2014.

Charlotte Aitchison – meglio conosciuta come Charli XCX – entra in studio con un’idea che sembra contraddittoria: diventare una popstar di successo globale decostruendo sistematicamente l’idea di cosa significhi essere una popstar.

Dopo il successo mainstream di “I Love It” (con Icona Pop) e “Boom Clap“, Charli ha il capitale simbolico per sperimentare. E la sua scelta è radicale: collaborare sistematicamente con i producer più sperimentali della scena underground – SOPHIE, A.G. Cook, Danny L Harle – per creare pop music che suoni come il mainstream del futuro.

“Vroom Vroom”: Il Pop Decostruito

“Vroom Vroom EP” (febbraio 2016) – interamente prodotto da SOPHIE – segna l’incontro tra l’estetica hyperpop e una major label. Il brano principale mantiene una struttura pop riconoscibile ma la sottopone a manipolazioni estreme: suoni metallici, distorsioni aggressive, ritmi che sembrano accelerare e rallentare imprevedibilmente.

La voce di Charli subisce trattamenti che vanno oltre la correzione pitch. SOPHIE la modella come fosse un sintetizzatore, creando effetti che non esistevano nella musica pop: eco digitali, moltiplicazioni, frammentazioni che trasformano le parole in texture sonore.

Ma quello che rende rivoluzionario l’EP non è solo il suono: è la strategia. Charli usa la propria posizione mainstream per normalizzare un’estetica che fino a quel momento era confinata nell’underground più radicale.

La Raccolta Come Formato del Futuro

Number 1 Angel” (2017) e “Pop 2” (2017) – due raccolte pubblicate gratuitamente online – perfezionano questa strategia. Ogni brano è collaborazione con artisti diversi della scena iperpop/future pop: Carly Rae Jepsen, Liz, MØ, Kim Petras, Tommy Cash.

Ma è soprattutto “Pop 2” che diventa manifesto generazionale. Prodotto interamente da A.G. Cook e SOPHIE, l’album suona come trasmissione radio dal 2030: riconoscibilmente pop ma strutturalmente impossibile da categorizzare secondo le divisioni di genere tradizionali.

“Track 10” – con SOPHIE, Yaeji, Caroline Polachek – è forse il momento più radicale: sei minuti di pop sperimentale che fonde K-pop, trap, ambient, iperpop in qualcosa che non ha precedenti nella musica popolare.

L’Influenza Mainstream

L’impatto di questa strategia è immediato. Artisti mainstream – Ariana Grande, Taylor Swift, Billie Eilish – iniziano a incorporare elementi hyperpop nelle proprie produzioni. L’emergere di una nuova generazione di artisti – 100 gecs, Dorian Electra, Rebecca Black in versione 2.0 – dimostra quanto profondo sia il cambiamento.

La Gen Z cresce con l’hyperpop come colonna sonora, normalizzando un’estetica che i millennial percepivano come radicalmente sperimentale. TikTok – lanciato nel 2016 ma che diventa fenomeno globale verso il 2018 – si rivela piattaforma perfetta per questo tipo di musica: frammenti di 15 secondi che devono catturare l’attenzione immediatamente sono territorio ideale per l’hyperpop.


2017: IL COMING OUT COME PERFORMANCE ARTISTICA

1 dicembre 2017, pubblicazione simultanea su Twitter/YouTube.

SOPHIE pubblica “It’s Okay to Cry” – video dove appare per la prima volta senza maschere o filtri, rivelando il proprio volto e facendo coming out come donna transgender. Il brano – ballata minimalista costruita attorno a pianoforte e voce processata – è l’opposto estetico dell’hyperpop che l’ha resa famosa, ma rappresenta l’evoluzione logica del suo percorso artistico.

La Vulnerabilità Come Rivoluzione

“It’s Okay to Cry” risolve la contraddizione apparente tra l’artificialità estrema dell’hyperpop e l’autenticità emotiva. SOPHIE dimostra che l’uso della tecnologia per trasformare la voce non era fuga dalla propria identità, ma strumento per esplorarla.

La voce nel brano – ancora processata ma in modo molto più sottile – suona finalmente come “la sua voce”, non perché sia meno artificiale, ma perché l’artificialità è diventata parte integrante della sua identità autentica.

Il video – diretto da lei stessa – è innovativo nella sua semplicità: primo piano fisso su SOPHIE che canta guardando direttamente la camera, senza makeup elaborato, senza effetti speciali, senza le maschere che avevano caratterizzato i suoi lavori precedenti.


Janelle Monáe: “Dirty Computer” e la Pansessualità Mainstream

27 aprile 2018. Janelle Monáe pubblica “Dirty Computer” e fa coming out come pansessuale in un’intervista con Rolling Stone. Ma quello che rende rivoluzionario l’album non è solo la dichiarazione esplicita di identità sessuale fluida: è come questa fluidità pervade ogni aspetto della musica.

L’album – concept album che immagina un futuro distopico dove la diversità sessuale viene “ripulita” da un regime totalitario – fonde funk, R&B, pop, hip-hop in modo che riflette la fluidità identitaria del concept.

Make Me Feel” – primo singolo – è forse il brano più esplicitamente pansessuale mai entrato nella top 10 americana. Il video alterna sequenze dove Janelle corteggia una donna (Tessa Thompson) e un uomo (Jayson Aaron), senza mai stabilire una gerarchia o preferenza tra le due attrazioni.

Ma è soprattutto l’approccio estetico che rivela l’influenza dell’hyperpop: look che cambiano continuamente nel video, gender-bending che non spiega mai se stesso, performance di identità multiple senza cercare di risolverle in un’identità fissa.

L’Industria Scopre la “Diversità”

Il successo mainstream di artisti apertamente queer inizia a trasformare le strategie di marketing dell’industria musicale. Le major discografiche – Warner, Universal, Sony – creano divisioni specializzate in “artisti diversi“, spesso con budget e risorse significative.

Emerge però una tensione: la visibilità queer diventa merce commercializzabile, rischiando di svuotare di contenuto politico la rappresentazione. Artisti come Troye Sivan, Years & Years, King Princess conquistano successo mainstream proprio nel momento in cui l’identità queer diventa strategia di marketing.


2018-2019: LIL NAS X E IL PARADOSSO DELLA VIRALITÀ

30 giugno 2019, ultimo giorno del Pride Month.

Montero Lamar Hill – meglio conosciuto come Lil Nas X – pubblica un tweet con sei emoji arcobaleno e il testo “some of y’all already know, some of y’all don’t care, some of y’all not gone fwm no more. but before this month ends i want y’all to listen closely to c7osure” (alcuni di voi già lo sanno, ad alcuni non importa, alcuni di voi non mi supporteranno più. ma prima che questo mese finisca voglio che ascoltiate attentamente c7osure).
È il coming out più casual della storia della musica popolare.

“Old Town Road”: Meme, Genere, Identità

La storia inizia sei mesi prima. Lil Nas X – diciannovenne nero, gay, cresciuto nel profondo Sud americano – spende 30 dollari per acquistare un ritmo country-trap da un producer olandese su YouTube. In casa sua, registra “Old Town Road” con software gratuiti e lo pubblica su SoundCloud.

Il brano diventa virale su TikTok attraverso il “Yeehaw Challenge” – tendenza dove utenti si trasformano da urbano a cowboy in sincronismo con il cambio di ritmo. In poche settimane, raggiunge 19 milioni di riproduzioni e debutta nella Billboard Hot 100.

Quando Billboard rimuove il brano dalla classifica country “because it does not embrace enough elements of today’s country music”, Lil Nas X trasforma la controversia in strategia. Il remix con Billy Ray Cyrus – icona country bianca degli anni ’90 – domina le classifiche per 19 settimane consecutive, diventando il singolo più longevo nella storia della Hot 100.

La Strategia della Sincerità Performata

Il coming out di Lil Nas X rifiuta il dramma tradizionale del coming out delle celebrità. Niente interviste lacrimose, niente confessioni elaborate: semplicemente emoji arcobaleno e un remix di “c7osure” che trasforma il brano da canzone d’amore generica in dichiarazione d’amore omosessuale specifica.

La sua strategia innovativa usa le piattaforme digitali per normalizzare la propria queerness. Twitter diventa il suo territorio principale: meme, battute, interazioni con i fan che presentano l’identità gay come aspetto normale della sua personalità, non come questione da gestire.

Quando pubblica “MONTERO (Call Me By Your Name)” (2021) con video che lo mostra sedurre Satana in persona, la controversia diventa arte performativa. Il suo modo di gestire le critiche – sempre attraverso meme e ironia – trasforma l’omofobia in contenuto fruibile.

Dorian Electra: Resistenza all’Assorbimento

Mentre Lil Nas X conquista il mainstream, altri artisti sperimentano strategie di resistenza alla cooptazione commerciale. Dorian Electra – performer non-binary che fonde hyperpop, industrial, baroque pop – sviluppa un’estetica così spinta da risultare incompatibile con il mainstream.

“Flamboyant” (2019) è manifesto di gender-fluidity che rifiuta ogni compromesso commerciale. I video – diretti dallo stesso Dorian – sono opere d’arte totali che costano decine di migliaia di dollari ma vengono rilasciate gratuitamente su YouTube.

L’approccio di Dorian è opposto a quello di Lil Nas X: invece di normalizzare la queerness, la radicalizza fino a renderla incompatibile con l’assorbimento mainstream. Ogni performance è drag estremo che trasforma concerti in rituali di trasformazione identitaria collettiva.


2020: “OIL OF EVERY PEARL’S UN-INSIDES” E IL TESTAMENTO DELL’HYPERPOP

15 giugno 2018, ma l’impatto pieno arriva nel 2020.

SOPHIE pubblica il suo album d’esordio come artista solista: “OIL OF EVERY PEARL’S UN-INSIDES” – titolo che è anagramma di “I LOVE EVERY PERSON’S UN-INSIDES“, dichiarazione d’amore per l’interiorità fluida di ogni essere umano.

L’album è sintesi perfetta di tutto il percorso artistico e identitario che abbiamo seguito: hyperpop sperimentale (“FACESHOPPING“), ballate vulnerabili (“It’s Okay to Cry“), manifesti politici (“IMMATERIAL“), dance floor post-gender (“PONYBOY“).

La Materialità dell’Immateriale

IMMATERIAL” – centro concettuale dell’album – è forse il brano più filosoficamente sofisticato dell’hyperpop. Il testo esplora l’idea di esistenza senza forma fisica fissa: “You could be me and I could be you / Always the feeling we would last for more / Immaterial boys, immaterial girls.”

Non è fantasy di evasione: è visione concreta di un futuro dove l’identità è performance consapevole, dove il genere è scelta estetica, dove la tecnologia permette forme di esistenza impossibili nel mondo analogico.

La produzione fonde tutti gli elementi che SOPHIE ha sviluppato negli anni: beat industrial (“FACESHOPPING“), melodie pop perfette (“IMMATERIAL“), sperimentazione sonora che va oltre ogni categoria di genere (“WHOLE NEW WORLD/PRETEND WORLD“).

TikTok e la Democratizzazione Totale

Il 2020 – anno di confinamento globale – segna il momento in cui TikTok trasforma definitivamente l’industria musicale. La piattaforma, dominata dalla Gen Z, si rivela territorio perfetto per l’hyperpop: snippet di 15-30 secondi che devono catturare l’attenzione immediatamente favoriscono musica ad alta intensità emotiva e sperimentazione sonora.

Artisti come 100 gecs, Dylan Brady, Laura Les diventano virali con brani che sarebbero stati impensabili nel mainstream anche solo due anni prima. “money machine” dei 100 gecs – brano che fonde ska, dubstep, emo, trap in due minuti di caos controllato – raggiunge milioni di stream diventando simbolo della nuova estetica.

L’emergere di una generazione di artisti nativi digitali rivela l’impatto profondo dell’hyperpop. fraxiom, blackwinterwells, funeral – una nuova generazione di producer che crescono con Logic, Ableton, FL Studio come strumenti primari – creano musica che non ha più alcun legame con generi tradizionali.

L’Identità Come Fluidità Standard

Per la Gen Z, la fluidità di genere diventa standard, non eccezione. Artisti come Arca, Shygirl, Slayyyter non fanno coming out nel senso tradizionale: semplicemente esistono come entità fluide, usando pronomi diversi, cambiando espressione di genere come si cambia abbigliamento.

L’impatto è sociologico prima che musicale: nella storia umana, esistono ora modelli di identità fluida che sono alla moda, desiderabili, aspirazionali. La Gen Z non vede l’identità trans o l’espressione non-binaria come marginalità da tollerare, ma come avanguardia da emulare.


2021 E OLTRE: L’EREDITÀ E IL FUTURO POST-GENDER

30 gennaio 2021, 4:00 AM, Atene.

SOPHIE muore in un incidente a 34 anni, lasciando un vuoto incolmabile nella musica sperimentale e un’eredità che trasformerà per sempre il rapporto tra tecnologia e identità musicale.

La sua morte – tragica e prematura – rivela quanto profondo fosse il suo impatto: artisti di ogni genere ed età pubblicano tributi che dimostrano come la sua visione avesse influenzato anche musicisti apparentemente lontani dalla sua estetica.

Il Mondo Post-SOPHIE

Gli anni che seguono la sua morte vedono l’hyperpop evolversi in direzioni che lei aveva solo iniziato a esplorare. Artisti come Arca (che collabora sistematicamente con Björk, FKA twigs, Kanye West), 645AR (rapper che usa solo voce pitched-up in falsetto), Recovery Girl (producer che fonde hyperpop e ambient) portano la voice manipulation verso territori inesplorati.

L’emergere dell’AI-generated music sembra realizzare la visione più spinta di SOPHIE: musica sganciata dai corpi biologici, dove la voce diventa strumento infinitamente malleabile.

Scenari Futuri: L’Identità Post-Biologica

Nel 2025, la visione di SOPHIE non è più fantascienza ma realtà in rapida evoluzione. Holly Herndon sta sperimentando con “Holly+” – IA addestrata sulla sua voce che può cantare in lingue che Holly non parla, con estensioni vocali che vanno oltre le possibilità umane. Piattaforme come Suno e Udio generano brani completi da semplici prompt testuali, mentre ElevenLabs permette a chiunque di clonare qualsiasi voce con pochi minuti di campioni audio. FN Meka – rapper virtuale gestito da intelligenza artificiale – ha firmato e poi perso un contratto con Capitol Records, segnando il primo caso di major label che ingaggia un artista completamente artificiale.

TikTok ha integrato filtri vocali in tempo reale che trasformano qualsiasi utente in soprano, baritono, o entità gender-neutral con un tap. La Generazione Alpha cresce considerando normale avere avatar musicali multipli, voci diverse per mood diversi, identità sonore che cambiano come playlist.

Nei prossimi dieci anni, la separazione tra voce biologica e sintetica diventerà irrilevante. Artisti potranno collaborare con versioni AI di se stessi, creare duetti impossibili tra le proprie identità multiple, esplorare registri vocali che nessuna laringe umana può raggiungere.

L’intelligenza Artificiale la voce del futuro?

L’intelligenza artificiale renderà possibile quello che SOPHIE aveva immaginato: identità musicali completamente fluide, dove il genere della voce sarà scelta estetica pura, sganciata da qualsiasi vincolo corporeo. Non più “uomo che canta” o “donna che canta”, ma semplicemente “voce che esprime”.

La Generazione Alpha – nata con deepfake, cresciuta con avatar personalizzabili, abituata a rappresentazioni digitali multiple di sé – sarà probabilmente la prima nella storia umana per cui l’identità di genere vocale sarà attributo modificabile in tempo reale. Come oggi scegliamo un filtro Instagram, domani sceglieremo la nostra espressione vocale di genere.

Questo scenario non è utopia tech: è evoluzione logica di tendenze già in atto. La musica, come sempre, arriva prima della società. Quello che oggi sperimentiamo negli studi di registrazione, tra vent’anni sarà normale conversazione quotidiana.

Il futuro post-gender che artisti come SOPHIE, Arca, serpentwithfeet e 100 gecs stanno costruendo non è provocazione artistica: è laboratorio del prossimo stadio dell’evoluzione umana. Dove l’identità non sarà più destino biologico, ma scelta consapevole e infinitamente modificabile.

La Normalizzazione della Rivoluzione

Il decennio 2010-2020 ha normalizzato una rivoluzione che sembrava impossibile. Nel 2010, un artista apertamente trans che raggiungesse il mainstream era fantascienza. Nel 2020, è aspettativa normale.

Lil Nas X vince Grammy e MTV Awards senza che la sua omosessualità sia considerata ostacolo. Sam Smith usa pronomi they/them e continua a vendere milioni di album. Demi Lovato fa coming out come non-binary e mantiene contratti multimilionari.

La Gen Z considera tutto questo normale. Per loro, la fluidità di genere non è statement politico: è espressione naturale dell’identità umana mediata dalla tecnologia.


EPILOGO: VERSO IL POST-GENDER

Il percorso che abbiamo tracciato – da David Bowie che scandalizza con l’androginia negli anni ’70 fino alla normalizzazione della fluidità identitaria negli anni 2020 – rivela una trasformazione antropologica che va oltre la musica.

La musica è stata laboratorio di sperimentazione identitaria molto prima che la società fosse pronta per accettare questa sperimentazione. Ogni decade ha portato artisti che hanno spinto un po’ più in là i confini del possibile: dal glam rock alla disco, dal new wave al grunge, dall’hyperpop all’AI-generated music.

La tecnologia è stata strumento di liberazione, non di alienazione. Dall’Auto-Tune di T-Pain alle voice manipulation di SOPHIE, ogni innovazione tecnologica ha aperto nuove possibilità espressive per identità che non trovavano spazio nei linguaggi tradizionali.

Il futuro sarà probabilmente post-gender nel senso più letterale: una società dove il genere sarà attributo modificabile, performativo, fluido, scelto piuttosto che assegnato.

E la musica – come sempre – arriverà lì per prima.


“Immaterial boys, immaterial girls / You could be me and I could be you / Always the feeling we would last for more / Than a lifetime”SOPHIE, “IMMATERIAL” (2018)


“Identità di Genere LGTBQ+ e Musica: 1920-2020”:


TIMELINE VISUALE: 100 ANNI DI RIVOLUZIONE IDENTITARIA NELLA MUSICA

ANNI ’20-’30: LE ORIGINI

1920 – Proibizionismo crea cultura underground dove fiorisce l’espressione queer
1928 – Ma Rainey incide “Prove It On Me Blues”, prima dichiarazione queer esplicita
1929 – Gladys Bentley si esibisce al Clam House di Harlem in frac e papillon
1930 – Bessie Smith al picco della carriera, apertamente bisessuale
1935 – Lucille Bogan registra “BD Woman’s Blues” con linguaggio sessuale esplicito
1939 – Billy Strayhorn inizia collaborazione con Duke Ellington, nasconde identità gay

ANNI ’70: LE FONDAMENTA

1972 – David Bowie diventa Ziggy Stardust
1973 – Lou Reed pubblica “Transformer”
1975 – Patti Smith ridefinisce la rockstar androgina
1977 – Punk esplode: The Cure, Siouxsie iniziano la sperimentazione gender
1979 – La disco perde popolarità, ma l’eredità queer sopravvive nell’underground

ANNI ’80: MAINSTREAM E RESISTENZA

1980 – Grace Jones conquista le discoteche globali
1981 – MTV lancia, privilegia l’immagine sulla musica
1983 – Boy George e Culture Club portano il drag nel pop mainstream
1984 – Dead or Alive: “You Spin Me Round” normalizza l’androginia
1987 – House music nasce a Chicago, nelle comunità queer afroamericane
1989 – Madonna con “Like a Prayer” fonde sessualità e spiritualità

ANNI ’90: LA FLUIDITÀ DIVENTA ARTE

1990 – Vogue Ball culture influenza Madonna (“Vogue”)
1991 – Nirvana e il grunge: mascolinità tossica vs vulnerabilità
1993 – Björk debutta solista, ridefinisce la femminilità elettronica
1995 – Alanis Morissette: rabbia femminile senza compromessi
1997 – Radiohead “OK Computer”: alienazione digitale come estetica
1998 – Lauryn Hill vince 5 Grammy, R&B incontra consciousness
1999 – Napster lancia: inizia la rivoluzione digitale

ANNI 2000: RIVOLUZIONE DIGITALE

2001 – iPod + 9/11: il mondo cambia, la musica si digitalizza
2003 – T-Pain inventa l’heavy Auto-Tune effect
2005 – Anohni vince Mercury Prize, prima artista trans mainstream
2006 – The Knife: “Silent Shout” rivoluziona l’elettronica europea
2007 – YouTube raggiunge massa critica, democratizza la distribuzione
2008 – Kanye “808s & Heartbreak”: vulnerability maschile + Auto-Tune
2009 – Lady Gaga: underground aesthetics + mainstream budget

ANNI 2010: HYPERPOP E MAINSTREAMING

2013 – SOPHIE + PC Music inventano l’hyperpop
2015 – “LEMONADE/HARD”: manifesto della musica post-umana
2016 – Charli XCX “Vroom Vroom”: pop decostruito per le masse
2017 – SOPHIE coming out, Lil Nas X virale con “Old Town Road”
2018 – “OIL OF EVERY PEARL’S UN-INSIDES”: testamento artistico
2019 – Lil Nas X coming out durante Pride Month
2020 – TikTok + lockdown: hyperpop diventa soundtrack generazionale

ANNI 2020: VERSO IL POST-GENDER

2021 – SOPHIE scompare prematuramente, lasciando eredità rivoluzionaria
2022 – Sam Smith usa pronomi they/them, mantiene successo mainstream
2023 – AI voice synthesis: identità vocale diventa completamente fluida
2024 – Gen Alpha cresce con gender-fluidity come default
2025 – ??? Il futuro si scrive oggi


BIBLIOGRAFIA ESTESA

TESTI FONDAMENTALI

Storia e Teoria:

  • Auslander, Philip. Performing Glam Rock: Gender and Theatricality in Popular Music. University of Michigan Press, 2006.
  • Born, Georgina. Music, Sound and Space: Transformations of Public and Private Experience. Cambridge University Press, 2013.
  • Butler, Judith. Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity. Routledge, 1990.
  • Fast, Susan. Dangerous: Michael Jackson’s Thriller at 25. Indiana University Press, 2014.
  • Frith, Simon e Angela McRobbie. “Rock and Sexuality.” Screen Education 29 (1978): 3-19.
  • Halberstam, Jack. Trans: A Quick and Quirky Account of Gender Variability*. University of California Press, 2018.
  • Hawkins, Stan. The British Pop Dandy: Masculinity, Popular Music and Culture. Ashgate, 2009.
  • Jarman-Ivens, Freya (ed.). Queer Voices: Technologies, Vocalities, and the Musical Flaw. Palgrave Macmillan, 2011.
  • Reynolds, Simon. Retromania: Pop Culture’s Addiction to Its Own Past. Faber & Faber, 2011.
  • Whiteley, Sheila (ed.). Sexing the Groove: Popular Music and Gender. Routledge, 1997.

Studi di Genere e Sessualità:

  • Ahmed, Sara. Living a Feminist Life. Duke University Press, 2017.
  • Bornstein, Kate. Gender Outlaw: On Men, Women and the Rest of Us. Vintage Books, 1995.
  • Feinberg, Leslie. Stone Butch Blues. Alyson Books, 1993.
  • Muñoz, José Esteban. Disidentifications: Queers of Color and the Performance of Politics. University of Minnesota Press, 1999.
  • Preciado, Paul B. Testo Junkie: Sex, Drugs, and Biopolitics in the Pharmacopornographic Era. The Feminist Press, 2013.
  • Sedgwick, Eve Kosofsky. Epistemology of the Closet. University of California Press, 1990.
  • Stryker, Susan. Transgender History. Seal Press, 2008.

STUDI SPECIFICI PER DECADE

Anni ’70:

  • Doggett, Peter. The Man Who Sold the World: David Bowie and the 1970s. The Bodley Head, 2011.
  • Marsh, Dave. Born to Run: The Bruce Springsteen Story. Doubleday, 1979.
  • Peraino, Judith A. Listening to the Sirens: Musical Technologies of Queer Identity from Homer to Hedwig. University of California Press, 2006.

Anni ’80:

  • Gill, John. Queer Noises: Male and Female Homosexuality in Twentieth-Century Music. Cassell, 1995.
  • Jones, Grace e Paul Morley. I’ll Never Write My Memoirs. Gallery Books, 2015.
  • Rimmer, Dave. New Romantics: The Look. Omnibus Press, 2003.

Anni ’90:

  • Arnold, Gina. Kiss This: Punk in the Present Tense. St. Martin’s Press, 1997.
  • hooks, bell. Outlaw Culture: Resisting Representations. Routledge, 1994.
  • Powers, Ann. Weird Like Us: My Bohemian America. Da Capo Press, 2000.

Anni 2000:

  • Frere-Jones, Sasha. “The Gerbil’s Revenge.” The New Yorker, 9 giugno 2008.
  • Kembrew McLeod. Freedom of Expression: Overzealous Copyright Bozos and Other Enemies of Creativity. Doubleday, 2005.
  • Théberge, Paul. Any Sound You Can Imagine: Making Music/Consuming Technology. Wesleyan University Press, 1997.

Anni 2010-2020:

  • Chu, Andrea Long. Females. Verso Books, 2019.
  • Harper, Adam. Infinite Music: Imagining the Next Millennium of Human Music-Making. Zero Books, 2011.
  • Pelly, Jenn. The Raincoats. 33⅓ series, Bloomsbury Academic, 2016.
  • Sharma, Nitasha Tamar. Hip Hop Desis: South Asian Americans, Blackness, and a Global Race Consciousness. Duke University Press, 2010.

BIOGRAFIE E AUTOBIOGRAFIE

  • Bockris, Victor. Transformer: The Lou Reed Story. HarperCollins, 1994.
  • Matheu, Robert. Lou Reed: The King of New York. Thunder’s Mouth Press, 2001.
  • Bowie, David. David Bowie: The Last Interview and Other Conversations. Melville House, 2016.
  • Boy George. Take It Like a Man. HarperCollins, 1995.
  • Grace Jones. I’ll Never Write My Memoirs. Gallery Books, 2015.
  • Madonna. The English Roses. Callaway, 2003.
  • Morrissey. Autobiography. Putnam Adult, 2013.
  • Reed, Lou. Pass Thru Fire: The Collected Lyrics. Da Capo Press, 2008.

RIVISTE E PUBBLICAZIONI PERIODICHE

Riviste Accademiche:

  • Journal of Popular Music Studies
  • Popular Music
  • Popular Music and Society
  • Women & Music: A Journal of Gender and Culture
  • Journal of the Society for American Music
  • Twentieth-Century Music

Riviste Culturali:

  • The Wire
  • Pitchfork
  • The Fader
  • Rolling Stone
  • NME
  • Spin

DOCUMENTARI E FILM

  • Paris Is Burning (1990) – Jennie Livingston
  • The Celluloid Closet (1995) – Rob Epstein e Jeffrey Friedman
  • Hedwig and the Angry Inch (2001) – John Cameron Mitchell
  • I Am Divine (2013) – Jeffrey Schwarz
  • Kiki (2016) – Sara Jordenö
  • Disclosure (2020) – Sam Feder

RISORSE DIGITALI

Database:

  • AllMusic.com – Database completo con biografie e discografie
  • Discogs.com – Database di registrazioni musicali
  • MusicBrainz.org – Enciclopedia musicale open source

Archivi:

  • Internet Archive – Registrazioni storiche e materiali rari
  • Library of Congress Music Division
  • British Library Sound Archive
  • Rock’s Backpages – Interviste e articoli storici

Podcast Specializzati:

  • Switched on Pop – Analisi musicale pop contemporanea
  • Song Exploder – Decostruzione di brani specifici
  • Questlove Supreme – Interviste approfondite con artisti
  • The Soundtrack Show – Musica e cultura popolare

FONTI PRIMARIE

Interviste Fondamentali:

  • David Bowie con Dick Cavett (1974)
  • Grace Jones con Russell Harty (1981)
  • Madonna con Forrest Sawyer, ABC News (1994)
  • Björk con Jools Holland (1995)
  • SOPHIE con The Fader (2018)
  • Lil Nas X con Zane Lowe, Apple Music (2021)

Archivi Fotografici:

  • Mick Rock Archive (David Bowie, Lou Reed)
  • Anton Corbijn Collection (U2, Depeche Mode)
  • Nan Goldin (Underground NYC scenes)
  • Wolfgang Tillmans (Electronic music culture)

2 pensieri su “Da SOPHIE a Lil Nas X: Identità di Genere 2010-2020

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