CAPITOLO 1 – BOLOGNA: LA ROULOTTE BIANCA E IL SEME DELLA LIBERTÀ

Reading Time: 4 minutesNel novembre 1974, da una roulotte parcheggiata sul Colle dell’Osservanza a Bologna, nasceva quella che sarebbe diventata la prima esperienza di radio libera continuativa in Italia. Radio Bologna per l’accesso pubblico, ideata da Roberto Faenza e Rino Maenza, non era pensata per durare: era “una provocazione culturale e un pionieristico esempio di controinformazione” contro il monopolio RAI.
Con mezzi rudimentali – un trasmettitore militare modificato e un’antenna issata su un manico di scopa – l’emittente riuscì a raggiungere 700mila bolognesi per otto giorni, dal 23 al 30 novembre 1974. Il gesto simbolico si concluse volontariamente “un minuto dopo che Aldo Moro firmò il primo decreto di riforma della Rai”.
Questa esperienza “dimostrativa” aprì la strada al movimento delle radio libere e ispirò direttamente la nascita di Radio Alice, l’emittente più celebre della stagione delle radio libere italiane, che iniziò a trasmettere il 9 febbraio 1976.

Aerial view of Bologna, Italy at sunset. Colorful sky over the historical city center old buildings
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Perché “l’anno zero” della Radio Libera inizia con Bologna e non in Sicilia con l’esperienza di “Radio Sicilia Libera” di Danilo Dolci?

Non certo per giocare a chi lo ha più lungo, una pratica che appartiene e si “sviluppa” in pieno negli anni ’80 e che trova il suo terreno fertile (sempre se si coglie il sarcasmo di queste mie parole) nella “Milano da Bere”.

Si inizia da Bologna perché l’esperienza di Danilo Dolci dura appena 26 ore: dal 25 al 26 marzo 1970, in termini di trasmissione attiva. Si conclude “manu militari” con l’intervento dell’autorità e il sequestro delle apparecchiature. Radio Sicilia Libera resta comunque il primo vero esempio di “Radio Libera” in Italia.

È da Bologna quindi che parte il nostro viaggio nell’anno zero delle radio libere, grazie all’esperienza (poco nota ma fondamentale) di “Radio Bologna per l’accesso pubblico”, che nasce ufficialmente il 23 novembre 1974, alle 11 del mattino, promossa dal regista Roberto Faenza – che in seguito diventerà un noto autore di film d’impegno civile come Forza Italia! e Il caso Moro – e da Rino Maenza, figura centrale nella scena culturale bolognese.

Una roulotte sui colli, un manico di scopa come antenna

Da una roulotte sul Colle dell’Osservanza, nasceva quello che sarebbe diventato il primo esperimento di radio libera continuativa in Italia. Non era concepita per durare, ma piuttosto come un gesto provocatorio – una sorta di situazionismo radiofonico – verso il potere costituito e il monopolio RAI. Le trasmissioni partono con mezzi rudimentali ma con grande ambizione politica e culturale: un trasmettitore militare modificato dal tecnico Bruno Salerno e un’antenna artigianale issata su un manico di scopa, capace di raggiungere 700mila bolognesi sui 102-104 MHz.

L’esperimento coinvolge la Cooperativa Lavoratori dell’Informazione, insieme a Roberto Faenza, Mario Bertolini, Elda Ferri, Giorgio Finzi e Pier Luigi Franzoni. L’idea rivoluzionaria: aprire l’accesso alle onde, dare voce diretta ai cittadini, sperimentare una comunicazione orizzontale senza mediazioni o filtri.

L’esperimento prevedeva la partecipazione di cittadini, studenti e anche rappresentanti istituzionali: tra gli ospiti c’era l’allora sindaco di Bologna, Renato Zangheri. E già allora, i tassisti di Bologna non persero l’occasione per lamentarsi da quell’inaspettato megafono dell’invasione delle corsie preferenziali di abusivi d’ogni genere.

Le “orecchie elettroniche del potere”

Bologna rispose con decine e decine di telefonate alla radio… pardon, al numero del contadino che aveva ospitato la roulotte bianca sul suo campo agricolo, decretandone di fatto un “clamoroso successo”.

E tutto andava bene, finché quelle onde pirata non arrivarono alle “orecchie elettroniche del potere”.

Dall’inizio delle trasmissioni, parcheggiata a fianco della roulotte, stazionava una jeep con un’antenna di cinque metri sul tetto. Era un mezzo della Polizia Postale, la Escopost, con il compito di monitorare le trasmissioni clandestine, registrare tutto e mandare, in un rimbalzo tra ponti radio, fino a Roma.

Come racconta Rino Maenza nel libro di Giuliana Santarelli “051. 2012-1970: Bologna, identità e memoria:

“Così, quel 23 novembre del 1974, da una roulotte bianca posizionata nella vecchia fattoria sul colle dell’Osservanza, si andò in onda ‘senza chiedere il permesso’. Un radioamatore di Treviso aveva messo a disposizione il trasmettitore militare che il tecnico Bruno Salerno modificò ritoccando le frequenze. L’antenna, capace di raggiungere 700 mila Bolognesi, tra i 102 e i 104 megahertz, era issata su un manico di scopa.”

Pare che Ettore Bernabei, il direttore della RAI di allora, chiuso dentro una stanzetta di ascolto, avesse più volte esclamato: “Ma chi sono questi?

Il gesto simbolico

Radio Bologna per l’accesso pubblico terminò volontariamente le trasmissioni alla mezzanotte e un minuto del 30 novembre 1974, ovvero “un minuto dopo che Aldo Moro, Presidente del Consiglio, firmò il primo decreto di riforma della Rai”. Un gesto simbolico e politico che chiudeva un cerchio: stavano nascendo nuove forme di comunicazione proprio mentre il potere tentava di riformare il monopolio dall’interno.

Dopo pochi giorni dalla chiusura volontaria, una volante della polizia perquisì la sede del gruppo, ma non trovò nulla: le trasmissioni erano già terminate e l’obiettivo era stato raggiunto con la firma del decreto di riforma. Come dice lo stesso Maenza in “051. 2012-1970: Bologna, identità e memoria” di Giuliana Santarelli (Bononia University Press, 2012), era stata “una provocazione culturale e un pionieristico esempio di controinformazione“.

Il seme di Radio Alice

L’esperienza di Radio Bologna per l’accesso pubblico si rivelò un punto di riferimento fondamentale per alcuni dei futuri protagonisti di Radio Alice. Secondo fonti attendibili, diversi studenti e militanti che due anni dopo daranno vita all’emittente più celebre della stagione delle radio libere, seguirono da vicino quell’esperimento, traendone ispirazione sia sul piano tecnico sia su quello comunicativo.

In particolare, Valerio Minnella – che sarà tra le voci principali di Radio Alice – ha più volte dichiarato di aver osservato con attenzione l’iniziativa di Faenza, riconoscendola come un momento di apprendimento e confronto. Il modello di conduzione collettiva e orizzontale, già praticato nel 1974, si rivelò centrale anche per la nuova emittente bolognese.

In questo senso, l’esperienza di Radio Bologna per l’accesso pubblico non fu solo un preludio, ma una vera e propria palestra politica e tecnica che contribuì a costruire il terreno culturale e operativo su cui Radio Alice prenderà forma.

Radio Alice iniziò a trasmettere il 9 febbraio 1976 sulla frequenza modulata di 100,6 MHz, utilizzando un trasmettitore militare acquistato da un demolitore di Medicina. Il suo scopo dichiarato – come ribadiranno più volte i suoi protagonisti – era quello di “dare voce a chi non ce l’ha”: un principio operativo che si traduceva nella possibilità per chiunque di intervenire in diretta, rompendo ogni gerarchia tra emittente e ascoltatore. Niente palinsesti rigidi, niente format preconfezionati, ma un flusso continuo di voci, musiche, pensieri che si mescolavano senza soluzione di continuità.

“…Il telefono qui è a getto continuo, veramente a getto continuo. Ecco qui Beethoven, se vi va bene, bene, se no seghe.” (Radio Alice, 12 marzo 1977)

Eredità di una roulotte

Questi sono i motivi principali per cui quei semi attecchirono così profondamente. Lo scopo era proprio quello di dare voce diretta alla popolazione e di sperimentare una forma di comunicazione orizzontale fuori dal controllo statale. Anche se temporanea, questa esperienza contribuì a preparare il terreno per ciò che di lì a poco sarebbe diventato il movimento delle radio libere.

Da Bologna, da quella roulotte bianca sui colli, partì dunque qualcosa di più grande di otto giorni di trasmissioni sperimentali. Partì l’idea che l’etere potesse essere davvero libero, che la comunicazione potesse essere davvero orizzontale, che la voce potesse appartenere a tutti.

E questo seme, piantato nel novembre del 1974, avrebbe dato i suoi frutti più belli e rivoluzionari negli anni a venire.

… segue

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