Da Kingston al Bronx: Come DJ Kool Herc Rivoluzionò la Musica
Reading Time: 14 minutesNel novembre 1967, un dodicenne giamaicano arriva nel Bronx con la testa piena dei ritmi di Kingston. Clive Campbell diventerà DJ Kool Herc e cambierà per sempre la musica mondiale, completando un cerchio iniziato decenni prima con il jive radiofonico americano.

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Novembre 1967: Un Ragazzo di Kingston Arriva nel Bronx
Clive Campbell premeva il naso contro il vetro freddo del taxi che attraversava il Bronx per la prima volta, guardando quei palazzi di mattoni che si alzavano come montagne contro il cielo grigio di novembre. Dodici anni, una piccola valigia con i suoi vestiti e la testa piena dei ritmi di Kingston – la stessa Kingston che aveva dato i natali ai sound system e al toasting che stavano per conquistare l’America.
Sua madre Nettie lo aspettava al 1520 di Sedgwick Avenue dopo due anni di duro lavoro come tecnico dentale mentre studiava per diventare infermiera.
Era il novembre del 1967 e nelle sue orecchie risuonavano ancora gli echi dei sound system di Trenchtown: le voci che facevano toasting sui riddim, il basso profondo che faceva tremare le lamiere dei ghetti, l’odore della capra al curry che si mescolava al fumo degli amplificatori.
Ma soprattutto, risuonavano le voci di Count Machuki e Sir Lord Comic che avevano trasformato le strade di Kingston in teatri di toasting che rielaborava il jive americano.
Il Viaggio del Jive: Da New Orleans ai Caraibi
Clive non sapeva che quelle voci che aveva sentito per anni non erano “invenzioni giamaicane”, ma echi rimbalzati attraverso l’oceano. Non sapeva che quando Sir Lord Comic gridava “Great Wuga Wuga” nel 1967, stava riecheggiando il “Great gugga mugga shooga booga” di Douglas “Jocko” Henderson, il DJ che dalla WDAS di Philadelphia e poi dalla WADO di New York aveva influenzato una generazione di selector giamaicani.
Non sapeva che quel taxi lo stava portando verso il completamento di una migrazione iniziata decenni prima. Il Bronx del 1967 stava diventando il crocevia finale di un esodo dalle Indie Occidentali che aveva già trasformato Harlem negli anni ’20 e ’30.
Da Barbados, dalla Giamaica, da Trinidad, migliaia di famiglie caraibiche avevano portato con sé non solo sogni e speranze, ma anche tradizioni sonore che stavano per convergere in un’esplosione culturale.
I Tre Pirati dei Caraibi che Conquistarono il Bronx
La convergenza caraibica nel Bronx non era casuale. Quello che Clive Campbell, Joseph Saddler e Lance Taylor stavano per scatenare aveva radici profonde in un viaggio musicale iniziato decenni prima.
Qualche isolato più in là, un ragazzo nato a Bridgetown, Barbados – Joseph Saddler – stava già sperimentando con i giradischi di suo padre. In un’altra parte del Bronx, Lance Taylor cresceva con il DNA di madre delle Barbados e padre della Giamaica, destinato a diventare Afrika Bambaataa.
1947-1954: La Genesi del Jive Radiofonico
La scena che DJ Kool Herc e sua sorella, la prima lady dell’hip-hop Cindy Campbell, avrebbero creato insieme nel 1973 al 1520 Sedgwick aveva le sue radici in una camera d’albergo di New Orleans del 1947.
Vernon Winslow, professore d’arte di Dillard University, si presentò agli uffici della WJMR al Jung Hotel con un’idea rivoluzionaria: una trasmissione che parlasse direttamente ai neri di New Orleans usando il loro linguaggio, la loro musica, il loro “jive”.
Ma Winslow era nero, e nel 1947 in Louisiana “anche una goccia di sangue nero” era abbastanza per essere banditi dalle radio. Così gli chiesero brutalmente: “Sei un negro? Non puoi fare il disc jockey, ma puoi scrivere i nostri copioni”.
Winslow accettò l’umiliazione e creò il concept Poppa Stoppa — “Poppa Stoppa era il nome che inventai. Veniva dalle rime e dal rap che la gente di strada usava a New Orleans” — scrivendo script e facendo coaching per DJ bianchi. Prima Duke Thiele (1948-1953), poi Clarence Hayman (dal 1953) interpretarono questo personaggio usando il jive talk di Winslow.
1950-1954: Il Jive Conquista l’America
Mentre Winslow lottava per la sua dignità in Louisiana, l’America nera stava esplodendo di voci jive. Tommy Smalls diventò “Dr. Jive”, il “Sindaco di Harlem” con il suo “Siediti e rilassati e goditi la cera”. Albert Lavada Durst pubblicava il suo jive dictionary dal Texas come “Dr. Hepcat”.
Ma la voce che avrebbe attraversato l’oceano era quella di Douglas “Jocko” Henderson. Dalla WDAS di Philadelphia e poi dalla WADO di New York, dal suo “Rocket Ship Show” lanciava ogni sera il suo “Great gugga mugga shooga booga”, trasformando ogni trasmissione in un viaggio spaziale.
1952: Coxsone Sente le Voci dall’America
Nelle acque caraibiche, Clement “Coxsone” Dodd stava costruendo il suo impero sonoro in Giamaica. Nei suoi “viaggi per comprare dischi” negli Stati Uniti — “Facevo visite regolari a New York e Chicago” — Coxsone non raccoglieva solo dischi. Raccoglieva tecniche.
“Mentre era all’estero negli Stati Uniti sentì i DJ americani parlare sopra i dischi alla radio, parlando e scherzando a tempo”. Sentì Jocko, sentì Dr. Jive, sentì Poppa Stoppa. E capì che quella “live jive” poteva funzionare anche a Kingston.
Tornato in Giamaica, “spiegò l’idea al suo DJ del sound system Sir Coxsone’s Downbeat, Count Machuki”. Machuki prese il microfono e iniziò a “fare il burlone” nel dancehall, trasformando il jive americano in toasting giamaicano.
1959-1967: Il Jive Diventa Ska
Nel 1959, Sir Lord Comic iniziò a fare toasting per l’Admiral Dean sound system. Aveva assorbito non solo le tecniche di Count Machuki, ma anche le voci che arrivavano dalle radio americane attraverso i “successi americani dei jukebox lontani” che Bob Marley e migliaia di giovani giamaicani captavano “quando le stelle, la luna e il vento erano allineati nel modo giusto”.
Nel 1966, Sir Lord Comic registrò “Ska-ing West” — “quello che è considerato il primo disco di deejaying”. Ma il suo capolavoro arrivò nel 1967: “The Great Wuga Wuga”.
“Il ‘Great Wuga Wuga’ di Sir Lord Comic fu probabilmente ispirato dal jive talk di Douglas ‘Jocko’ Henderson che parlava del ‘great gugga mugga’”. Il cerchio si era chiuso: da New Orleans a New York, da New York a Kingston, il jive aveva fatto il giro del mondo e stava per tornare a casa.
1967: Il Nodo Gordiano si Completa nel Bronx
Quando Clive Campbell arrivò nel Bronx nel novembre 1967, non arrivava con una tecnologia aliena. Arrivava con una variazione giamaicana di qualcosa che era nato nelle strade americane, era stato filtrato attraverso i sound system di Kingston, e ora stava per tornare trasformato alle sue origini.
Il Terreno che Trovò: Un Ecosistema Pronto
Il Bronx del 1967 pulsava ancora degli echi di Harlem. L’Harlem Renaissance degli anni ’20 e ’30 aveva lasciato in eredità non solo il jazz e la poesia, ma anche quella tradizione di performance vocale ritmica che dai toast jazz si era evoluta nel jive radiofonico.
Marcus Garvey aveva predicato l’orgoglio nero dalla 125th Street. Duke Ellington aveva dominato il Cotton Club. Langston Hughes aveva scritto “with the rhythmic meter of blues and jazz”.
E soprattutto, dalle radio di Harlem erano uscite le voci di Dr. Jive e Jocko che avevano attraversato l’oceano per influenzare Coxsone Dodd.
1971: Il Primo Sound System del Bronx
Fu Keith Campbell, il padre, a completare il cerchio. Nel 1971, quando Clive aveva 16 anni, Keith — che lavorava come “tecnico del suono e sponsor per una band R&B locale” — fece un investimento che avrebbe cambiato la storia: comprò un sound system.
Non erano i “sound system mostruosi” di Kingston, ma per gli standard del Bronx era “grande”. L’accordo era semplice: Clive poteva usare il sistema per le sue feste, ma in cambio doveva “suonare durante gli intervalli” delle esibizioni della band del padre.
Clive prese quell’equipment e ci lavorò sopra “finché non riuscì a massimizzare il suono e ottenere le massime prestazioni”. Era il DNA dei sound system giamaicani che emergeva, ma applicato alle esigenze del Bronx.
11 Agosto 1973: La Convergenza Finale
La sera dell’11 agosto 1973, nella sala ricreativa del 1520 di Sedgwick Avenue, tutti questi fili temporali si annodarono in un momento che ridefinì la musica mondiale. Ma ora sappiamo che non fu un’“invenzione dal nulla” — fu la convergenza finale di un processo iniziato ventisei anni prima in una camera d’albergo di New Orleans.
La Necessità e l’Intuizione
Cindy Campbell aveva bisogno di soldi per i vestiti del back-to-school. Per la festa dell’11 agosto stabilì “25 centesimi per le ragazze, 50 per i ragazzi” — prezzi che rispecchiavano la stessa economia popolare dei rent parties di Harlem e dei dancehall di Kingston.
Quella sera, Herc fece qualcosa che combinava tutto quello che aveva assorbito: iniziò a isolare e ripetere i “breaks” usando la tecnica del “merry-go-round” — due copie dello stesso disco per creare loop infiniti.
James Brown — “Give It Up or Turnit a Loose”. Incredible Bongo Band — “Apache”. Dennis Coffey — “Scorpio”. Era la tecnologia dei sound system giamaicani applicata alla musica che funzionava nel Bronx.
La Voce del Cerchio
E poi c’era un ragazzo senza nome da palco che si nascondeva dietro le casse. Quello che sarebbe diventato Coke La Rock, il primo MC della storia dell’hip-hop, quella sera iniziò a “fare gli shout out agli amici” sopra i break che Herc stava estendendo all’infinito.
“Non c’è uomo che non possa essere buttato giù, non c’è cavallo che non possa essere cavalcato, un toro che non possa essere fermato, non c’è disco che io Coke La Rock non possa far scatenare” — le prime barre rappate della storia, ma pronunciate con lo stesso spirito del “Great Wuga Wuga” di Sir Lord Comic.
Era toasting giamaicano applicato al funk americano. Era jive di Harlem filtrato attraverso Kingston e ritornato a New York. Era la voce del cerchio che finalmente si chiudeva.
I Successori del Cerchio
Grandmaster Flash: La Perfezione Tecnica
La festa dell’11 agosto non è ancora finita che a pochi isolati di distanza, Joseph Saddler – nato a Bridgetown, Barbados e cresciuto nel Bronx con genitori barbadiani – sente già parlare di quella notte che sta cambiando tutto.
Quando finalmente riesce ad assistere a una festa di Herc, rimane folgorato dalla potenza del sound system, dall’energia della folla, dal modo in cui quel giamaicano riesce a far impazzire centinaia di persone isolando e ripetendo i breaks.
Ma c’è qualcosa che il suo orecchio tecnico nota immediatamente: le transizioni non sono perfette. “Herc organizzava grandi feste e faceva sempre scatenare la folla, ma c’era sempre un’interruzione nel tempo tra le canzoni”.
Per Joseph, che ha passato anni a studiare ogni sfumatura del suono nel suo laboratorio improvvisato del Bronx, quelle imperfezioni sono inaccettabili. Può fare di meglio. Deve fare di meglio.
Dopo aver incontrato Pete DJ Jones e aver scoperto il sistema di pre-ascolto, Joseph corre in centro a comprare i componenti per costruirsene uno: “quell’interruttore a tre posizioni, delle colla per attaccarlo al mixer, un amplificatore supplementare e una cuffia”.
È così che nasce il “Peek-a-Boo System” – il sistema che permetterà a Joseph Saddler di diventare Grandmaster Flash, il maestro delle transizioni perfette che rivoluzionerà per sempre l’arte del DJing.
Afrika Bambaataa: Dalla Gang alla Zulu Nation
A qualche miglio di distanza, Lance Taylor è nato nel Bronx nel 1957, da genitori immigrati dalla Giamaica e dalle Barbados. Cresciuto nei Bronx River Projects da una madre infermiera e uno zio attivista del movimento per i diritti civili, ha assorbito fin da piccolo l’idea che la cultura può essere un’arma più potente della violenza.
Ma a sedici anni, nel 1973, Lance è uno dei capi della gang più temuta del quartiere, i Black Spades. Come “warlord” di una delle divisioni, il suo lavoro è espandere il territorio e aumentare i membri.
Quando sente parlare di Kool Herc e della sua capacità di unire i ragazzi attraverso la musica invece che attraverso la guerra, va a vedere questo fenomeno. Non è solo la musica. È il potere. Centinaia di ragazzi che ballano insieme, gang rivali che per una notte dimenticano le loro guerre.
Nel 1975, dopo aver vinto un concorso di saggi che gli regala un viaggio in Africa, Lance Taylor torna nel Bronx trasformato. Ha visto il film “Zulu” con Michael Caine e comprende che l’unità può essere più potente della violenza.
Cambia il suo nome in Afrika Bambaataa Aasim, dal capo zulu Bhambatha che guidò una ribellione contro l’ingiustizia economica nel diciassettesimo secolo.
Nel 1975 ottiene il suo sound system e inizia la trasformazione più audace della storia del Bronx: convertire i Black Spades dalla violenza alla Zulu Nation. La gang più grande di New York diventa la prima nazione hip-hop del mondo.
13 Luglio 1977: La Notte più Controversa dell’Hip-Hop
Prima che “Rapper’s Delight” potesse trasformare l’hip-hop in fenomeno globale, doveva accadere qualcosa che ancora oggi divide i protagonisti di quella storia. Qualcosa che secondo alcuni moltiplicò il numero di DJ nel Bronx da una manciata a centinaia.
Era una calda sera di luglio del 1977. Nel Bronx, Grandmaster Caz e Disco Wiz stavano suonando quando improvvisamente tutto si spense. Era iniziato il Grande Blackout di New York del 1977.
25 Ore di Caos
Il Bronx del 1977 era già una polveriera. La città era sull’orlo del fallimento, il serial killer “Son of Sam“ terrorizzava i quartieri. Quando le luci si spensero, il caos esplose.
In 25 ore di blackout, 3.700 persone furono arrestate, i danni superarono i 300 milioni di dollari. Centinaia di negozi di elettronica furono saccheggiati.
La Grande Controversia: Storia o Mito?
LA TESI PRO-BLACKOUT:
Secondo Grandmaster Caz e altri pionieri, quella notte cambiò tutto: “Prima di quel blackout avevi forse cinque crew legittimi di DJ. Dopo il blackout… avevi un DJ in ogni isolato. Tutti rubarono i giradischi, ogni negozio di elettronica immaginabile venne colpito”.
LA TESI CONTRA-BLACKOUT:
Afrika Bambaataa è categorico nella sua opposizione: “Il blackout del ’77 non ha niente a che fare con l’hip-hop. Chiunque sia venuto fuori con questa storia sta dicendo un sacco di stronzate”.
La controversia va oltre i fatti storici. Come nota un documentarista: collegare la nascita dell’hip-hop al saccheggio rischia di alimentare stereotipi razzisti sui “ragazzi neri criminali”, sminuendo la creatività artistica e l’innovazione culturale che erano il vero cuore del movimento.
La Grande Ironia Circolare
Nel 2025, mentre Christie’s mette all’asta i giradischi di Herc per oltre 200.000 dollari e l’industria hip-hop vale 20 miliardi di dollari, il cerchio continua a girare.
Le stesse major discografiche che oggi perseguono la pirateria digitale devono la loro fortuna a:
- Vernon Winslow che “piratò” il linguaggio di strada per la radio
- Coxsone Dodd che “piratò” le tecniche dei DJ americani
- Sir Lord Comic che “piratò” il “gugga mugga” di Jocko
- DJ Kool Herc che “piratò” tutto quanto per creare l’hip-hop
Le Rotte che Non si Mappano
La mappa del tesoro musicale della musica contemporanea non può essere tracciata con linee rette perché ogni percorso è intrecciato con tutti gli altri:
New Orleans → New York → Kingston → Bronx → Mondo
Jive → Radio → Sound System → Toasting → Hip-Hop
Vernon Winslow → Jocko Henderson → Coxsone Dodd → Count Machuki → Sir Lord Comic → DJ Kool Herc → Coke La Rock
Ogni bedroom producer che oggi scarica campioni sta applicando la filosofia di Coxsone nei suoi viaggi in America. Ogni TikToker che remixa audio esistenti sta ripetendo il gesto di Sir Lord Comic che trasformò “gugga mugga” in “Wuga Wuga”.
La pirateria creativa non ha bisogno di consapevolezza storica. Ha solo bisogno di orecchie, curiosità, e voglia di sperimentare.
Il Tesoro che Continua a Moltiplicarsi
DJ Kool Herc non “rubò” l’hip-hop alla Giamaica né lo “inventò” dal nulla. Fu il catalizzatore finale di una reazione chimica che era iniziata quando Vernon Winslow decise che i neri americani meritavano di sentire la propria voce alla radio.
Il sound system che conquistò il Bronx era già carico di DNA americano che era andato a Kingston, si era trasformato, ed era tornato a casa cambiato ma riconoscibile.
La filosofia del saccheggio creativo non ha nazionalità — ha solo la capacità infinita di reinventarsi, ricontestualizzarsi, moltiplicarsi.
Il cerchio non si chiude mai. Continua a espandersi.
Sylvia Robinson nel 1979 non era una sconosciuta nel mondo musicale. Negli anni ’50 aveva avuto successo con Mickey & Sylvia (“Love Is Strange”) e nel 1973 aveva raggiunto il 3° posto con “Pillow Talk”. Ma la sua etichetta All Platinum Records, fondata con il marito Joey Robinson, era in crisi finanziaria e cercava disperatamente un successo per salvarsi.
L’idea di registrare il rap le venne durante una festa di compleanno al club Harlem World in Lenox Avenue, dove sentì Lovebug Starski rappare sopra “Good Times” degli Chic. Era appena tornata da un ritiro religioso per “salvare la sua anima tormentata” quando ebbe l’illuminazione commerciale.
Il problema era che i veri MC del Bronx – come Afrika Bambaataa e Grandmaster Flash – non volevano saperne di registrare dischi. “Nessuno lo comprerebbe. Chi ha voglia di sentire su disco una cosa che è molto più divertente vedere a un party?” diceva Flash. Temevano che i dischi avrebbero danneggiato il successo dei loro party.
La svolta arriva quando Joey Robinson Jr., il figlio diciottenne, conosce un certo Casper che aveva inciso un nastro e si esibiva con amici a Englewood, New Jersey. Ma Casper non si presenta all’appuntamento per registrare con i Positive Force, la band sotto contratto All Platinum.
È qui che entra in scena la Crispy Crust Pizza. Henry “Big Bank Hank” Jackson, 23 anni, laureato in oceanografia al Bronx Community College ma senza lavoro nel suo campo, gestiva quella pizzeria per il proprietario che aveva espanso il business dal Bronx. Hank era anche manager di Grandmaster Caz e dei Mighty Force MC’s, e portava al lavoro un boom box con le cassette del gruppo.
Quando Sylvia Robinson entra nella pizzeria e sente Hank rappare mentre impasta, gli chiede subito di fare un’audizione. Lo porta nella macchina del figlio parcheggiata fuori e gli fa rappare sopra una base. Hank usa le rime di Grandmaster Caz che conosceva a memoria dai nastri che ascoltava ogni giorno.
Robinson lo ingaggia immediatamente, insieme a Michael “Wonder Mike” Wright (venditore di fiori) e Guy “Master Gee” O’Brien (studente liceale). Il trio viene battezzato Sugarhill Gang dal nome del prestigioso quartiere di Harlem dove aveva sede la nuova etichetta Sugar Hill Records.
Ma Hank ha un problema: non ha mai scritto una rima in vita sua. Si rivolge a Grandmaster Caz (allora Casanova Fly), che gli “presta” il suo quaderno di rime in cambio della promessa di aiutarlo a ottenere un contratto per i Cold Crush Brothers.
La registrazione avviene in un solo take negli studi Sugar Hill di Englewood. Sylvia Robinson dirige tutto personalmente, decidendo quando e a chi tocca il microfono. La base è suonata dalla band house della Sugar Hill, che ricrea “Good Times” degli Chic senza chiedere permesso (Nile Rodgers e Bernard Edwards dovranno fare causa per ottenere i crediti).
Il brano dura quasi 15 minuti nella versione completa e costa solo 750 dollari produrlo. Wonder Mike conia il termine “hip hop” nella canzone: “I’d like to say hello to the black, to the white, the red and the brown”, volendo rivolgersi a tutti.
Uscito il 16 settembre 1979, “Rapper’s Delight” raggiunge il 36° posto nella Billboard Hot 100 (prima canzone rap in classifica) e vende oltre 2 milioni di copie negli USA, milioni nel mondo. Diventa il 12-inch single più venduto di tutti i tempi.
Quando “Rapper’s Delight” diventa un successo, Big Bank Hank sparisce. Abbandona il lavoro di manager, si tiene l’attrezzatura dei Mighty Force (amplificatori e casse che Caz aveva pagato con un prestito dai genitori) e non mantiene nessuna promessa fatta a Grandmaster Caz.
Nel Bronx scoppia la rabbia. Nessuno aveva mai sentito parlare della “Sugarhill Gang”. Come racconta Afrika Bambaataa: “Tutti pensammo: chi diavolo è questa Sugarhill Gang?” I veri pionieri dell’hip-hop si sentono derubati da tre “impostori” del New Jersey.
Ma è troppo tardi. La canzone ha trasformato l’hip-hop da cultura di strada del Bronx in industria globale da miliardi di dollari. Sylvia Robinson si attribuisce i crediti di scrittura e diventa la “Godmother dell’Hip-Hop”.
Quando All Platinum rischiava la chiusura, Joe Robinson si rivolse a Morris Levy, proprietario di Roulette Records e figura controversa dell’industria musicale newyorkese. Levy concesse un “prestito” di 5.000 dollari per le spese legali e divenne partner nella nuova Sugar Hill Records.
Ma Levy non era un businessman qualunque. Secondo fonti FBI, aveva legami con la famiglia Genovese e le sue operazioni correvano “ai margini del crimine organizzato”. Joe Robinson stesso aveva “accumulato una vita di rapporti con boss di Harlem come Nicky Barnes” e operatori dell’industria legati alla mafia.
A controllare l’amministrazione venne messo Milton Malden, un misterioso jugoslavo che “si vantava di aver lavorato per il dittatore Josip Tito”. Come ricorda un musicista: “Era un tipo militare. Morris Levy mise Milton Malden lì per controllare i soldi”.
Il disco non fu mai certificato ufficialmente platino nonostante le vendite. Joey Robinson rifiutò di pagare la quota del 2% alla RIAA per evitare che l’associazione controllasse i libri contabili della Sugar Hill – evidentemente c’era qualcosa da nascondere.
Solo nel 2000, dopo 21 anni, Grandmaster Caz pubblica “MC’s Delight” per raccontare la sua versione della storia. Anni dopo ottiene finalmente i crediti che meritava, ma le royalties milionarie erano già state intascate da altri.
Big Bank Hank morì nel 2014 per un tumore. Grandmaster Caz, in un gesto di grande classe, scrisse un tributo pubblico dove faceva pace con il vecchio amico che gli aveva “rubato” la gloria ma gli aveva anche dato l’immortalità nella storia dell’hip-hop.
Glossario del Jive e del Rap
Break – Sezione strumentale/percussiva di una canzone, la parte più “ballabile” che Herc isolava e ripeteva
Jive/Jive Talk – Linguaggio ritmato, colorito e veloce dei DJ radiofonici americani degli anni ’40-’50
Live Jive – Performance dal vivo del jive talk, termine che i toaster giamaicani applicarono alle loro tecniche
Merry-go-round – Tecnica pionieristica di DJ Kool Herc per estendere i break usando due copie dello stesso disco
Selector – DJ che sceglie e suona i dischi nei sound system giamaicani
Sound Clash – Battaglia musicale tra sound system rivali, giudicata dalla reazione del pubblico
Sound System – Sistema audio mobile potentissimo usato nei Caraibi per feste di strada e dancehall
Toasting – Arte giamaicana di parlare/rappare sopra un beat strumentale, antenato diretto del rap
Wax – Slang per “dischi in vinile” (dai primi dischi fatti di cera), usato nei jive talk radiofonici
Nel prossimo capitolo seguiremo le nuove rotte che dal Bronx degli anni ’70 portano verso l’esplosione globale: come il punk incontra l’hip-hop nella New York degli anni ’80, come la diaspora giamaicana parallela verso il Regno Unito crea lo ska revival e contamina il movimento punk britannico.
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