Rumore di adesso: il nuovo suono post-punk tra disincanto, groove e visioni

Rockaway Beach: Gang Of Four Autore: Paul Hudson from United Kingdom Creative Commons Attribution 2.0
L’eco di un’urgenza antica
C’è una corrente elettrica che serpeggia tra i locali, i centri sociali e i piccoli club del Regno Unito e dell’Irlanda. Un’energia che graffia, pulsa, si contorce tra basso, batteria e parole.
È il ritorno del post-punk, ma con una nuova faccia. Meno posa, più carne. Meno citazione, più ferita.
Non siamo di fronte a una moda nostalgica. Le nuove band che si muovono in questo territorio – Yard Act, Dry Cleaning, Shame, Sleaford Mods, IDLES e decine di altre – non stanno rifacendo il verso a Joy Division o Gang of Four. Stanno, piuttosto, assorbendo quell’attitudine e riproponendola in forma mutante.
Il risultato è un panorama vibrante e sfaccettato, dove il disagio si balla, la rabbia si sussurra e il corpo si fa manifesto.

Simoncromptonreid
Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0
Parlare o cantare? La voce come arma
Uno dei tratti più riconoscibili del neo post-punk britannico è il modo in cui viene usata la voce. Non c’è melodia, o ce n’è poca. C’è invece il flusso del parlato, il ritmo del testo, la metrica della frustrazione. Ascoltare Dry Cleaning – e la voce apatica e tagliente di Florence Shaw – è come sbirciare in una mente che non riesce più a contenere le proprie osservazioni quotidiane.
Yard Act, dal canto loro, raccontano un’Inghilterra meschina, disillusa, contraddittoria. Il loro frontman, James Smith, declama come un predicatore sarcastico.
Kae Tempest, poetə e performer, porta la spoken word a un livello più spirituale. Qui, la parola è tutto: dolore, politica, confessione, resistenza.
E poi ci sono i Sleaford Mods, duo minimalista e brutale di Nottingham, che martella con basi scarne e l’invettiva feroce di Jason Williamson.
Danzare nel vuoto: groove e nevrosi
Se il post-punk del passato era spesso rigido, angolare, quello attuale riscopre il groove. Ma è un groove disturbato, sbilenco, attraversato dall’ansia. Shame, Squid, Working Men’s Club, Folly Group: band che fanno muovere il corpo ma lo lasciano inquieto.
I Working Men’s Club uniscono elettronica tagliente e chitarre post-industriali. Shame mettono in scena un’energia catartica, una disperazione ballabile. Squid mescola jazz, krautrock, ritmi spezzati e urla improvvise.
Oltre il suono: estetica, arte e performance
Il neo post-punk di oggi è anche uno spazio performativo.
Fat White Family portano in scena il degrado come spettacolo.
Le Lambrini Girls sono un manifesto queer punk. Heartworms trasforma la sua presenza scenica in una marcia militare post-industriale.
Anche The Orielles, sebbene più psichedelici, portano avanti una ricerca sul linguaggio del corpo e della visualità.
Nessuna capitale, solo connessioni
Una delle novità più evidenti del panorama attuale è la dispersione geografica.
Bristol, Brighton, Leeds, Glasgow, Belfast, Dublino, Londra: ogni città ha il suo seme. Ma nessuna ha il controllo del raccolto.
Il suono si diffonde per affinità, per estetica, per urgenze comuni. I Fontaines D.C. da Dublino dialogano idealmente con gli Shame di Londra e con gli IDLES di Bristol.
Conclusione – Una mappa sonora in movimento
Il neo post-punk britannico non è un genere. È un terreno. Una zona franca dove può avvenire l’ibridazione.
È un rumore che nasce dalla crisi – economica, politica, identitaria – ma che non cede al vittimismo. E mentre il mercato musicale globale propone plastica e algoritmi, queste band propongono errore, corpo, imperfezione. Propongono verità.
2 thoughts on “Rumore di adesso: il nuovo suono post-punk tra disincanto, groove e visioni”
Comments are closed.