“Popolo di Ferro”: Quando il Marketing Emotivo (Non) Nasconde la Realtà dei Binari

La Retorica del Ferro vs. I Fatti dei Ritardi
Un’analisi critica dello spot “L’emozione di essere italiani” del Gruppo FS
Lo spot del Gruppo Ferrovie dello Stato “L’emozione di essere italiani”, firmato VML Italy e lanciato il 23 giugno 2025, rappresenta un caso di studio perfetto di come le aziende pubbliche utilizzino il marketing emotivo per distrarre l’attenzione dai propri fallimenti operativi. Con la voce di Andrea Bocelli che canta “Polvere e Gloria” e una retorica che celebra il “popolo di ferro”, questo spot racconta una storia che ha poco a che vedere con la realtà quotidiana di milioni di pendolari italiani.
Il Dizionario delle Parole Vuote
Quando il Marketing Diventa Neolingua
Analizzando il testo dello spot emerge un campionario perfetto di quello che potremmo definire “marketing speak” – quel gergo aziendale fatto di parole apparentemente smart (come questa) ma sostanzialmente vuote, utilizzate per dare profondità a concetti banali.
“Resilienza” – Come già analizzato, rubata dalla psicologia e dalla meccanica per dare un’aura scientifica al “continuate a sopportare”.
“Tenacia inossidabile” – Un ossimoro delizioso. La tenacia è una qualità umana, l’inossidabilità è una proprietà metallica. Come dire “coraggio antiaderente” o “determinazione anti-graffio”. Ragazzə, ma lo abbiamo ancora capito? Siamo pentole da vendere in quei bellissimi tour di pensionati sui pullman.
“Forgiati dal fuoco che abbiamo dentro” – Metafora da fabbro applicata al carattere nazionale. Evidentemente i copywriter di VML hanno scoperto che gli italiani sono dei Terminator.
“Temprati dalle sfide” – Altro termine metallurgico applicato a sproposito. I treni italiani, più che temprati, sembrano piuttosto arrugginiti dalle sfide.
“Sappiamo vibrare davanti alla bellezza” – I treni italiani vibrano eccome, ma di solito è per problemi ai binari, non per estasi estetica.
“Superando i suoi confini” – L’unica cosa che i treni FS superano regolarmente sono gli orari previsti.
Giuseppe Inchingolo, Chief Corporate Affairs di FS, ha dichiarato che hanno “fatto della resilienza una forma di identità nazionale”. Traduzione: abbiamo trasformato l’incapacità di fornire un servizio decente in una virtù patriottica.
Anatomia di una Narrazione Tossica
Il Ferro che Non Funziona
«Siamo un popolo di ferro. E quel ferro che plasma il nostro carattere è lo stesso che forgia i binari che uniscono il Paese», proclama lo spot. Ma di quale ferro stiamo parlando? Secondo il Codacons, da inizio 2025 si contano già 104 casi di forti rallentamenti o sospensioni della circolazione, di cui 76 dovuti a problemi e guasti tecnici che hanno coinvolto direttamente la rete e i treni.
Il “ferro che forgia i binari” di cui parla lo spot è lo stesso che il 2 ottobre 2024 ha mandato in tilt l’intera rete nazionale per via di un chiodo piantato in una canalina in cui passavano cavi elettrici, causando la paralisi dello scalo di Roma Termini e mandando al tappeto l’alta velocità. Un ferro così “resiliente” che tutte le sim inserite nelle centraline di allarme avevano da tempo esaurito il credito ed erano state disattivate in automatico dal gestore telefonico.
La Tenacia degli Italiani vs. La Fragilità del Sistema
Lo spot celebra “la tenacia inossidabile, la forza e la resilienza con cui sappiamo assorbire i colpi della vita”. Ah, la resilienza – quella parola magica che i copywriter hanno rubato dalla psicologia e dalla meccanica per trasformarla nel jolly definitivo del marketing contemporaneo. Come “iconico” usato a sproposito o “piuttosto che” al posto di “oppure”, anche “resilienza” è diventata la parola-feticcio per dare un’aura scientifica a qualsiasi banalità.
In psicologia, la resilienza è la capacità di adattarsi positivamente alle avversità. In meccanica, è la capacità di un materiale di assorbire energia elastica quando deformato. Nel marketing di FS, evidentemente, significa “continuate a sopportare in silenzio mentre noi vi vendiamo favole”.
Ironico, considerando che sono proprio i viaggiatori a dover dimostrare questa vera resilienza ogni giorno, non certo le infrastrutture ferroviarie. Oggi circolano molti più treni rispetto a vent’anni fa, ma oltre novemila treni al giorno sono troppi per una rete ferroviaria vecchia come quella italiana.
La realtà è che in circa il 70% delle stazioni italiane la sicurezza della circolazione e la regolazione dei treni vengono garantite da impianti tecnologici che hanno dai 40 fino ai 70 anni. Non è resilienza questa: è obsolescenza programmata. I materiali “resilienti” dovrebbero tornare alla forma originale dopo la deformazione; i treni italiani, invece, rimangono deformati (in ritardo) in via permanente.
I Numeri che Smentiscono la Narrazione
1.200 Cantieri: Il Paradosso del “Futuro”
Lo spot parla di “un paese che con le nostre strade, i nostri ponti, i nostri treni e le nostre stazioni viaggia dritto verso il futuro”. Ma verso quale futuro? Attualmente sono operativi circa 1.200 cantieri, tra opere strategiche e interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, che stanno letteralmente paralizzando il sistema.
Secondo Matteo Salvini, “il 2024 non è stato un anno come gli altri: contiamo più di 1.200 cantieri aperti su tutta la rete, cantieri di complessità senza precedenti”. L’amministratore delegato Stefano Donnarumma ha ammesso: “Io da ingegnere avrei pianificato gli interventi in maniera diversa”. Una confessione di incompetenza manageriale mascherata da spot celebrativo.
Il PNRR: Una Corsa contro il Tempo
Finora è stato speso il 36,6% dei fondi disponibili. Nel giro di un anno e mezzo si dovranno spendere quasi 16 miliardi di euro in interventi sulle ferrovie. Il risultato? Nel 2025 i cantieri attivi sulla rete ferroviaria sono 1200 di cui 500 per la manutenzione e 700 per lo sviluppo della rete. Le interruzioni che Fs deve governare nel corso dell’anno sono 345mila, più del doppio rispetto ai livelli del 2023, quando erano solo 160mila.
L’Ipocrisia del Marketing da 30 Milioni
VML Italy e il Business della Retorica
Ferservizi ha indetto un bando di gara per l’affidamento del servizio di ideazione e produzione di campagne di comunicazione pubblicitarie per un valore complessivo di 30 milioni di euro. Trent’anni milioni per raccontare favole mentre i treni non funzionano.
Giuseppe Salinari, CEO di VML Italy, commenta: “FS è parte essenziale nelle nostre vite: porta persone, merci, speranze. Collega Nord e Sud, città e borghi, passato e futuro”. Peccato che questa “connessione” sia sempre più intermittente: ad agosto 2025 cantieri importanti interesseranno l’alta velocità ferroviaria, con ritardi fino a 90 minuti per chi viaggia da Milano a Venezia.
Andrea Bocelli: La Colonna Sonora della Disconnessione
L’utilizzo di Andrea Bocelli nello spot non è casuale: serve a conferire sacralità e intoccabilità a una narrativa che non regge il confronto con i fatti. Bocelli, in videocollegamento, ha detto: “Quando sento il rumore del treno sui binari penso agli attimi di incommensurabile felicità”. Peccato che per la maggior parte dei viaggiatori, il rumore dei treni sui binari evochi più spesso rabbia e frustrazione per i ritardi.
Ma bisogna riconoscerlo: Bocelli fa il suo mestiere, e lo fa bene. Nulla da eccepire. La sua è un’industria perfettamente gestita e amministrata: lui canta, scrive come co-autore il brano (insieme a Stephan Moccio, Giovanni Caccamo e Alfredo Rapetti Cheope), detiene le proprie edizioni musicali tramite “Edizioni Andrea Bocelli” sotto l’ombrello UMG Publishing, ha un contratto esclusivo con Universal Music Group dal 2021 per Decca Records, e la moglie Veronica Berti è CEO di Almud Music che gestisce il management… ho dimenticato qualcosa? Ah sì, il produttore del brano è PPG Pierpaolo Guerrini, ma questo è un dettaglio.
Il punto è che Bocelli viene pagato per prestare la sua voce e il suo prestigio a una campagna che celebra l’efficienza di un servizio che non funziona. È la commercializzazione dell’arte al servizio della propaganda aziendale. Quando la bellezza della voce di Bocelli copre la bruttezza della realtà ferroviaria italiana, abbiamo un problema estetico prima ancora che etico.
Le Linee Peggiori: La Smentita Vivente dello Spot
Il Sud Dimenticato
Mentre lo spot celebra il ferro che “unisce il Paese”, la situazione è particolarmente grave per le linee più obsolete e quelle interregionali, dove la frequenza dei treni è limitata e la qualità del servizio è spesso insufficiente. Le linee peggiori d’Italia sono segnate da ritardi cronici, stazioni chiuse, treni poco frequenti.
La Circumvesuviana è una delle linee più problematiche, con avarie, soppressioni, tagli e sovraffollamenti; la Roma Nord-Viterbo ha subito oltre 5.000 corse soppresse nel 2024. Questo è il vero volto del “ferro che unisce”.
Il Caso Sardegna: Quando il “Ferro che Unisce” Abbandona
Ma l’esempio più clamoroso dell’ipocrisia dello spot è il caso Sardegna. Le Ferrovie dello Stato celebrano il “ferro che forgia i binari che uniscono il Paese”, ma hanno completamente abbandonato la seconda isola italiana dal 2009.
Dal 1961 al 2009, le FS gestivano la linea marittima Civitavecchia-Golfo Aranci con navi traghetto che trasportavano carri ferroviari, auto e passeggeri. Era letteralmente “il prolungamento della ferrovia a tutti gli effetti”, come disse nel 1961 l’onorevole Polano, permettendo a un treno merci di viaggiare da Cagliari fino a Parigi, Amburgo, Varsavia.
Oggi? Dal 2009 le FS hanno cessato definitivamente ogni servizio regolare per la Sardegna. L’ultimo traghetto Garibaldi fu venduto ai demolitori turchi di Aliağa. Nel 2018 sono stati smantellati persino i ponti di imbarco a Civitavecchia.
Ma la beffa non finisce qui: secondo La Nuova Sardegna, nel 2012 lo Stato continuava a versare 15 milioni di euro all’anno alle FS per il “collegamento della Sardegna con la penisola” – per un servizio che non esisteva più dal 2009. Paradossalmente, le statistiche ufficiali includevano ancora il “Gruppo Ferrovie dello Stato Italiano” tra le società che operano sui collegamenti marittimi con la Sardegna.
Oggi i sardi, per raggiungere il continente, devono affidarsi esclusivamente a compagnie private come Grimaldi Lines, Tirrenia, Moby. Il “ferro che unisce” li ha letteralmente mollati in mezzo al mare. Altro che “popolo di ferro”: il vero ferro, quello delle navi FS, è stato venduto come rottame in Turchia.
I Cambiamenti Climatici: L’Emergenza Ignorata
Negli ultimi 14 anni, dal 2010 al 2024, si sono verificati 203 eventi meteo estremi in Italia che hanno causato interruzioni e ritardi a treni, metro e tram. Secondo il Rapporto del Mit, i danni alle infrastrutture e alla mobilità provocati dalla crisi climatica potrebbero aumentare fino a 5 miliardi di euro l’anno entro il 2050.
Lo spot non fa alcun riferimento a questa emergenza reale. Preferisce parlare di “ferro che vibra davanti alla bellezza del paese” piuttosto che affrontare l’adattamento climatico.
Conclusioni: Il Marketing come Oppio dei Popoli
La Strategia della Distrazione
Lo spot “L’emozione di essere italiani” rappresenta un caso paradigmatico di come le aziende pubbliche utilizzino il marketing emotivo per costruire consenso e deflettere le critiche. Invece di investire in comunicazione trasparente sui problemi e sulle soluzioni, si preferisce la strada della retorica nazionalista e dell’autocompiacimento.
Del resto, è la stessa logica della campagna “Open to Meraviglia” del Ministero del Turismo: mentre gli aeroporti vanno in tilt, le strutture turistiche sono al collasso e i trasporti non funzionano, si spendono milioni per celebrare le “meraviglie” italiane. Il marketing emotivo come sostituto delle politiche pubbliche è diventato il marchio di fabbrica delle istituzioni italiane: più il servizio è scadente, più la comunicazione è epica.
Il Vero Costo della Propaganda
“Con i 100 miliardi di euro previsti dal nostro Piano Strategico, il più ambizioso mai realizzato dal Gruppo, puntiamo a modernizzare la rete ferroviaria”, dichiara l’AD Donnarumma. Ma quanti di questi 100 miliardi andranno in pubblicità e comunicazione invece che in infrastrutture reali?
L’Alternativa Necessaria
Invece di celebrare un “popolo di ferro” inesistente, il Gruppo FS dovrebbe:
- Comunicare con trasparenza i problemi strutturali e le tempistiche reali per risolverli
- Investire in infrastrutture digitali per la gestione dei guasti, non solo in campagne pubblicitarie
- Pianificare meglio i cantieri per ridurre l’impatto sui viaggiatori
- Affrontare seriamente l’adattamento ai cambiamenti climatici
Il Verdetto
“Siamo un popolo di ferro”, dice lo spot. La verità è che siamo un popolo costretto a subire un sistema ferroviario di ferro arrugginito, gestito da manager che preferiscono investire in marketing emotivo piuttosto che in soluzioni concrete.
Il ferro di cui abbiamo davvero bisogno non è quello della retorica patriottica, ma quello di binari efficienti, treni puntuali e una gestione competente. Fino ad allora, continueremo ad essere un “popolo di ferro” solo nella capacità di sopportare l’incompetenza altrui.
“Non è facile fare buona pubblicità per prodotti cattivi” – diceva David Ogilvy. Evidentemente VML Italy ha accettato la sfida.