Il Blitz Club: L’epicentro documentato della rivoluzione New Romantic

Blitz Club

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Non un articolo vero e proprio per questo blog, quanto una traccia cronologica e di verifica sulla storia, breve in verità, del Blitz Club da tenere a portata di mano nella lettura dell’articolo Identità di Genere e Musica negli Anni 80: da Boy George a Prince


Il Blitz Club di Londra rappresentò il cuore pulsante della scena New Romantic per soli 20 mesi (1979-1981), ma la sua influenza culturale fu rivoluzionaria. La presenza documentata di artisti chiave come Boy George, Marilyn e Spandau Ballet è ampiamente verificata attraverso fotografie, testimonianze dirette e archivi storici, mentre Steve Strange e Rusty Egan crearono un modello di club culture che avrebbe definito l’intero decennio. Il club operava esclusivamente il martedì sera con criteri di accesso severissimi, trasformando un wine bar in Covent Garden nel laboratorio culturale più influente degli anni ’80.

Presenza documentata degli artisti

Boy George emerge come figura centrale del Blitz, non solo come frequentatore ma come addetto al guardaroba dal 1980. Le testimonianze fotografiche di Andrew Holligan confermano il suo incontro con “Steve Strange, Boy George, Marilyn e altri nel 1980”, mentre Steve Strange stesso racconta: “Gli demmo un lavoro al guardaroba, ma alla fine dovemmo licenziarlo perché fu beccato a rubare.” Boy George appare nel documentario del 2021 “Blitzed: The 80’s Blitz Kids’ Story” dove discute apertamente il suo periodo al club.

Marilyn (Peter Robinson) è documentato come membro core dei Blitz Kids, condividendo con Boy George non solo la frequentazione del club ma anche un squat a Kentish Town. Le fotografie di Derek Ridgers immortalano la sua presenza, e la sua partecipazione al documentario del 2021 conferma il ruolo centrale nella scena. Andrew Holligan lo include specificamente nella sua testimonianza fotografica del 1980.

Spandau Ballet rappresenta il caso più documentato: furono letteralmente la band di casa del Blitz Club. Il loro primo concerto come Spandau Ballet si tenne proprio al Blitz il 5 dicembre 1979 alla festa di Natale. Gary Kemp nel suo libro del 2009 “I Know This Much: From Soho to Spandau” documenta dettagliatamente la frequentazione del club, dichiarando: “Ci consideravamo come i più moderni nel vestire e nel pensare a Londra.”

Duran Duran rappresenta l’eccezione significativa: non hanno presenza documentata al Blitz Club. Nick Rhodes testimonia direttamente: “Quando arrivammo a Londra andammo finalmente al Blitz e pensammo: ‘È tutto qui?’ perché era tutto così curato e carino. Birmingham era più reale e meno esclusivo.” I Duran Duran erano infatti la house band del Rum Runner a Birmingham, considerando il Blitz “troppo artificioso” rispetto alla loro scena locale.

Steve Strange e i criteri di accesso al club

Steve Strange trasformò il controllo dell’ingresso in performance artistica. Il suo metodo iconico consisteva nel mostrare uno specchio ai candidati chiedendo “Ti faresti entrare?” La sua filosofia era cristallina: “Volevo pionieri della creatività che sembrassero opere d’arte ambulanti, non ragazzini ubriachi pieni di birra.” Il motto del club era “the weird and wonderful only” (solo i bizzarri e meravigliosi).

La politica della porta era rivoluzionaria per l’epoca: “No effort, no entry” (nessuno sforzo, nessun ingresso). Strange respinse persino Mick Jagger, episodio che divenne leggendario. I criteri richiedevano abbigliamento teatrale, avant-garde e sperimentale, con estetica gender-fluid che includeva makeup elaborato per entrambi i sessi e costumi spesso fatti in casa con riferimenti storici.

Rusty Egan rivoluzionò la selezione musicale con il suo sound “Elektro-Diskow”, mescolando Kraftwerk, Yellow Magic Orchestra, Eno e colonne sonore di Vangelis. La sua filosofia: “L’ethos era che chiunque in quel club potesse essere un eroe, anche solo per un giorno, e le mie playlist al Blitz erano progettate per rendere TE la star.” Egan suonò “The Model” dei Kraftwerk tre anni prima che diventasse numero uno nelle classifiche.

I “Bowie Nights” e la genesi del movimento

I “Bowie Nights” nacquero nell’autunno 1978 al Billy’s Club nel basement di Soho, sotto un bordello. Steve Strange (19 anni) e Rusty Egan (21 anni) organizzavano “Bowie Nights: A Club for Heroes” ogni martedì sera per tre mesi. Il formato originale includeva musica di Bowie, Roxy Music, Kraftwerk e Sylvester, con estetica “glam and androgyny and outrageous costume.”

Quando il Billy’s divenne troppo piccolo e problematico (conflitti con “papponi e prostitute”), il 13 febbraio 1979 si trasferirono al Blitz wine bar al 4 Great Queen Street, Covent Garden. L’atmosfera fu descritta come “cabaret berlinese anni ’30 con accenti britannici”, decorato con poster della Seconda Guerra Mondiale e foto di Winston Churchill.

Gary Kemp testimonia l’ambizione culturale: “Sentivamo la responsabilità di dover definire la cultura giovanile degli anni ’80. Il fatto che sarebbe presto arrivato il 1980 era un impulso.” I “Bowie Nights” divennero il precursore diretto del movimento New Romantic.

L’ecosistema culturale del Blitz

Il club fungeva da incubatore per un’intera generazione di creativi. Oltre agli artisti musicali, emersero designer di fama mondiale come Stephen Jones, il cappellaio che iniziò creando cappelli per i Blitz Kids con il finanziamento di Steve Strange nel 1980. BodyMap (David Holah e Stevie Stewart), ex-Blitz Kids, fondarono nel 1982 “forse la compagnia più calda nella rinascita del design britannico.”

Princess Julia (Julia Fodor) lavorava al guardaroba con Boy George e divenne DJ, apparendo nel video “Fade to Grey” dei Visage. Philip Sallon creò successivamente il famoso Mud Club. Derek Ridgers documentò sistematicamente la scena dal 1979, creando l’archivio fotografico più importante del movimento.

Robert Elms di The Face magazine cronacò la scena, definendo la musica del club come “APPLAUSE for the audience.” La rete includeva artisti visuali come Grayson Perry, registi come John Maybury, e un’intera generazione di studenti del St Martin’s School of Art che trasformarono l’estetica Blitz in tendenze globali.

Cronologia precisa e documentazione verificabile

Timeline definitive:

  • Autunno 1978: Inizio “Bowie Nights” al Billy’s Club, Soho
  • 13 febbraio 1979: Apertura ufficiale Blitz Club, 4 Great Queen Street
  • 5 dicembre 1979: Primo concerto Spandau Ballet al Blitz
  • 1980: Periodo di massima attività e copertura mediatica
  • Settembre 1981: Chiusura per vendita dell’edificio (durata totale: 20 mesi)

La documentazione è eccezionale per un club di così breve durata. L’archivio fotografico di Derek Ridgers (1979-1980) costituisce la documentazione visiva più completa. Homer Sykes creò nel febbraio 1980 una serie completa pubblicata nel libro “Blitz Club Blitz Kids” (2017). Terry Smith fotografò per Time magazine creando circa 300 immagini a colori.

Le testimonianze dirette includono le autobiografie di Steve Strange (“Blitzed!”, 2002) e Gary Kemp (“I Know This Much”, 2009). Il documentario “Blitzed: The 80’s Blitz Kids’ Story” (Sky Arts, 2021) presenta interviste con i protagonisti sopravvissuti. L’articolo fondamentale “The Cult With No Name” di Robert Elms su The Face (novembre 1980) con fotografie di Derek Ridgers rappresenta la prima grande copertura mainstream.

Conclusioni: L’eredità duratura

Il Blitz Club dimostra come 20 mesi possano ridefinire una cultura. La presenza documentata di Boy George, Marilyn e Spandau Ballet è incontrovertibile, supportata da fotografie, testimonianze dirette e documenti storici. Steve Strange e Rusty Egan non furono semplici gestori ma architetti culturali che crearono il template per la club culture moderna.

L’impatto si estese ben oltre la musica: lanciò carriere nel design, nella fotografia, nel giornalismo e nelle arti visive. Il criterio di Strange “Would you let yourself in?” divenne metafora per l’autoespressione creativa che definì gli anni ’80. Il club trasformò la cultura giovanile britannica dalla monotonia post-punk verso il glamour e l’individualità teatrale, influenzando mode, atteggiamenti e movimenti culturali per tutto il decennio successivo.

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