Casino Royale – Fumo: nebbia, metropoli e coscienza dub
Reading Time: < 1 minuteUn album stratificato, urbano e poetico: Fumo segna il ritorno dei Casino Royale con una narrazione sonora che abbraccia glitch, dub e malinconia metropolitana.

Nebbia che avvolge il presente
Nel 1995 c’erano il dub, la Londra notturna e le sirene delle metropolitane. Trent’anni dopo, i Casino Royale tornano con Fumo, un album che non rimuove le radici ma le trasforma.
Il titolo non è casuale: Fumo è nebbia, è vapore, è memoria che si dissolve e si condensa.
Dopo anni di silenzio e collaborazioni, la band milanese pubblica un lavoro nuovo, che si è presentato a metà maggio con una prima parte digitale (Fumo Pt.1) e ora arriva in forma completa, anche fisica, per Asian Fake.
Tra dub, glitch e realtà urbana
Già da subito si capisce che non sarà un disco facile. C’è l’impianto dub, certo, ma anche glitch, spoken word, derive soul, groove minimali.
L’elettronica si insinua tra gli strumenti reali, il canto diventa recitato, il recitato diventa mantra. Non ci sono hit immediate, ma ci sono brani come “Fumo Nero” e “Luci Storte” che sembrano piccoli cortometraggi metropolitani. Milano non è mai nominata, ma si sente: nei battiti smorzati, negli echi, nella voglia di riscatto che cova sotto la superficie.
Un disco da ascoltare con lentezza
Alioscia Bianchi è più narratore che cantante, e ogni pezzo è un frammento di realtà ricomposta con cura. La produzione è curata, stratificata, contemporanea.
Non c’è alcuna concessione all’effimero, solo un dialogo costante con la profondità. In un panorama musicale che corre verso il nulla, Fumo è una scelta precisa: rallentare, osservare, raccontare. Non è un disco che urla, ma uno che resta.