Una rotta italiana: alla ricerca del post-punk (e dei suoi fantasmi)

Reading Time: 5 minutesIn questo articolo tracciamo una mappa possibile – e necessaria – del post-punk italiano, dalle sue radici storiche alle più recenti ramificazioni. Partendo dalle due etichette fondamentali degli anni ’80, IRA Records e Italian Records, attraversiamo la “generazione di mezzo” degli anni ’90 (Massimo Volume, CSI, Offlaga Disco Pax…) fino ad arrivare alla scena attuale, frammentata ma viva, con progetti come Qlowski, Soviet Soviet e Maple Death Records.
Il racconto si intreccia anche con il ruolo delle radio libere e indipendenti – da Radio Città 103 a Radio Atlantide – che hanno mantenuto viva questa rotta sonora nel tempo. Un viaggio attraverso suoni, attitudini e geografie culturali che sfuggono all’omologazione, ma tracciano un’identità altra, resistente e condivisa.

Mappa del post-punk Italiano

Mappa del post-punk Italiano

Reading Time: 5 minutes

Nelle settimane scorse, negli intervalli di tempo tra una pubblicazione e l’altra degli articoli dedicati al “neo post-punk” britannico e irlandese, ho interrogato ChatGPT con una domanda semplice quanto irrisolta:
in Italia, esiste un movimento o scena musicale che si possa definire post-punk o neo post-punk analoga a quella che stiamo raccontando nei nostri articoli? E se non esiste, c’è qualcosa che le possa assomigliare?

Conoscendo già, in parte, la risposta – e intuendone i silenzi – le ho affidato la ricerca e l’analisi di quanto potesse essere interessante e importante per creare una traccia, una mappa per seguire la rotta, come amo dire riferendomi a Radio Atlantide, che potesse poi diventare il corpo di una nuova serie di articoli, speculari a quelli sull’Inghilterra del post-punk. Una rotta italiana, carsica e disordinata, ma necessaria.

📍 Non una scena, ma una costellazione

La risposta che mi è arrivata è netta e fertile: in Italia non esiste – o non è mai esistita – una scena post-punk nel senso organico e visibile del termine, come a Londra, Manchester, Berlino, Leeds o Dublino. Ma esiste, questo sì, una costellazione di presenze, fughe, tentativi e attitudini che tracciano una linea spezzata ma coerente.
Una linea che attraversa i decenni come una rottura permanente, che si nasconde nei margini della musica ufficiale, ma che ogni tanto riemerge, luminosa, dove meno te l’aspetti.

💽 Gli anni ’80: Firenze e Bologna, IRA e Italian Records

Il primo seme si pianta lì, tra Firenze e Bologna.
Da un lato, la IRA Records di Alberto Pirelli che pubblica Diaframma, Litfiba, Underground Life, Moda.
Dall’altro, la Italian Records di Oderso Rubini, che stampa Gaznevada, Confusional Quartet, Neon, Stupid Set, N.O.I.A. e molte altre entità sonore borderline.

Due poli complementari:

  • IRA è esistenziale, urbana, poetica, con radici teatrali e un’estetica gotica mediterranea.
  • Italian Records è avanguardista, proto-elettronica, dadaista, figlia diretta del ’77 e dei sintetizzatori analogici.

Sono loro i veri snodi storici del post-punk italiano. Etichette coraggiose, marginali, artigianali. Nessuna delle due ha mai generato un “movimento” ampio, ma entrambe hanno gettato le fondamenta per qualcosa che forse oggi possiamo capire meglio.

*Ma non si può raccontare la Bologna sonora degli anni ’70/’80 senza citare gli Skiantos e il genio anarchico di Freak Antoni. Veri e propri precursori della rottura linguistica, ironica e dadaista che avrebbe influenzato molte delle derive post-punk successive, gli Skiantos hanno incarnato una forma di punk demenziale e sovversivo, capace di decostruire ogni retorica, perfino quella ribelle. La loro presenza è fondamentale per comprendere l’attitudine dissacrante e outsider che attraversa tutta la scena bolognese. Non erano “post-punk” in senso stretto, ma ne condividevano lo spirito di frattura, critica e gioco linguistico.. Etichette coraggiose, marginali, artigianali. Nessuna delle due ha mai generato un “movimento” ampio, ma entrambe hanno gettato le fondamenta per qualcosa che forse oggi possiamo capire meglio.

📉 La frattura (apparente) degli anni ’90

Ma osservando la mappa che abbiamo costruito, emerge subito una frattura quasi totale tra gli anni ’80 e la scena contemporanea.
Un vuoto che a prima vista sembrerebbe sancire la morte di quel linguaggio sonoro nel nostro paese. E invece no.

Perché attraversando gli anni ’90 e spingendosi fino all’inizio dei 2000, scopriamo una generazione nascosta, sotterranea, liminale, che tiene vivo lo spirito – se non il suono – del post-punk.

Ecco allora la “Generazione di Mezzo”, una nuova categoria che abbiamo inserito nella mappa per evidenziare quei progetti che hanno agito da “trait d’union” tra i pionieri e i nuovi esploratori.

🔗 La generazione ponte

  • CSI (ex CCCP), con il loro rock colto, politico, tragico.
  • Massimo Volume, tra spoken word, rumore e malinconia urbana.
  • Offlaga Disco Pax, memoria comunista ed elettronica glaciale.
  • Fluxus, noise e torpore torinese post-core.
  • La Crus, decadenza romantica in chiave minimale.
  • Marlene Kuntz, chitarre sature e nevrosi lirica.
  • Casino Royale (fase elettronica), notturni urbani e trip-hop postmoderno.
  • Subsonica, primi dischi: wave, cyber, metropolitani, prima della plastificazione.

Questi nomi, oggi spesso “archiviati” in rubriche nostalgiche o commerciali, sono in realtà i veri traghettatori. Non post-punk puri, certo, ma fratelli perduti della stessa tensione.
Quella tensione che porta a vivere la musica come discorso critico, opposizione, ricerca di senso e di forma.

🌱 Oggi: frammenti di resistenza

Nota di approfondimento a cura di Fabio Bernardi:
Mi permetto di segnalare i JoyCut (tra l’altro pupilli di Robert Smith) e tutta una pletora di band (a me piacciono molto i This Eternal Decay) che oggi la trasmissione di Silvia Laurini su Radio Elettrica fa sentire. Ci sono un sacco di band nuove.

Un contributo prezioso che arricchisce ulteriormente il quadro contemporaneo, sottolineando come anche nel circuito attuale continuino ad emergere band con una forte attitudine post-punk, darkwave ed elettronica, sostenute da programmi radiofonici indipendenti e curati con attenzione.

Infine, lo scenario contemporaneo.
Non esiste una scena post-punk italiana unitaria, ma tanti progetti sparsi che ne raccolgono l’attitudine.
Abbiamo mappato, tra gli altri:

  • Qlowski, tra Londra e Bologna, forse il progetto più internazionalmente post-punk.
  • Soviet Soviet, culto coldwave.
  • Winter Severity Index, raffinata e notturna.
  • Rev Rev Rev, noise lisergico.
  • Luciano Lamanna, scuro e industriale.
  • Be Forest, dreamwave con spigoli post.
  • WOW, Julie’s Haircut, DAGS!, Eugenia Post Meridiem

E al centro, una label: Maple Death Records. Che oggi è forse l’unico collettore italiano di questi linguaggi e mutazioni, erede spirituale di Italian Records, con uno spirito DIY, colto, radicale.


📻 Le radio che hanno seguito la rotta

Accanto a etichette, band e spazi, non possiamo dimenticare il ruolo fondamentale svolto da alcune radio libere e indipendenti, che nel corso dei decenni hanno dedicato parte significativa della loro programmazione ai suoni e alle attitudini post-punk, new wave, dark e affini.

  • Negli anni ’80, alcune storiche radio libere fiorentine e bolognesi (come Radio Centofiori a Firenze o Controradio a Firenze) hanno avuto un ruolo cruciale nel diffondere il verbo delle nuove sonorità urbane, spesso con trasmissioni dedicate o collaborazioni con etichette locali.
  • Nei ’90, in piena mutazione mediatica, Radio Città del Capo, Radio Popolare, Radio Sherwood e Radio Onda d’Urto hanno continuato a dare spazio ai linguaggi alternativi, sostenendo anche progetti nati nella generazione ponte.
  • Oggi, l’eredità di quelle trasmissioni è portata avanti da realtà indipendenti e resistenti come Radio Raheem (Milano), NEU Radio (Bologna), Radio Blackout (Torino) Radio Elettrica (radioelettrica.it), che trasmette anche la trasmissione “Dark Entries, musica oscura per anime in transito” curata da Elisabetta Laurini, e altre emittenti locali che mantengono un legame con l’underground sonoro e culturale.
  • Un ruolo centrale lo hanno avuto anche Radio Play Studio, dove ho trasmesso per lunghi anni occupandomi proprio di questi suoni, e Radio Città 103, che attraverso le sue varie mutazioni ha contribuito a dare voce alle culture alternative, fino ad arrivare a Radio Città Fujiko, con la sua lunghissima storia e con la quale oggi collaboro per il progetto LNWSI!.

E naturalmente Radio Atlantide, la nostra casa. Una radio che non solo trasmette questi suoni, ma li contestualizza, li racconta, li vive, cercando ogni settimana di tenere accesa una luce sul margine. LNWSI!, con le sue rubriche e i suoi set, nasce esattamente con questa missione: essere radar e rito, specchio e rotta per chi cerca, ascolta, sogna.

🛁 La mappa finale

Tutto questo l’abbiamo riassunto in una mappa visiva, un reticolo di connessioni, epoche e contaminazioni.
Con IRA e Italian Records al centro, la generazione ’90 come ponte, e una costellazione contemporanea che continua a cercare la propria voce in un paese che spesso la ignora.

Una mappa che non è solo uno schema, ma un atto di memoria attiva, una bussola per chi vuole orientarsi nella musica italiana che non cede al mercato, né all’oblio.


Se ti sei perso qualcosa lungo la rotta, tranquillo.
Qui non si tratta di inseguire mode, ma di trovare le vene ancora pulsanti del nostro sottosuolo sonoro.
E quelle vene, a ben cercarle, esistono.
Silenziose, ma irriducibili.

Ci torneremo presto.

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