Solo chi può sentirla trova la rotta. Heroes, la storia segreta di Radio Atlantide raccontata da Massimo Siddi
Reading Time: 8 minutes No no no, è vero eravamo rimasti su una spiaggia di Atlantide e del libro di Sergio Frau, volevo solo farti capire perché c’è sempre un luogo, un’ambientazione in questi racconti che nasceva dalla percezione delle cose che mi stavano intorno
Mi sono sempre chiesto ed ancora lo faccio, cosa mi ha spinto verso il mondo della radio. La risposta che comunque ho sempre saputo, è per me ovvia: la Musica! Non fu un caso infatti, finite le medie superiori che avessi qualche dubbio su come continuare il mio percorso formativo, la “prof di musica” delle medie mi diceva che le mie mani erano adatte alla tastiera del pianoforte, per quando personalmente fossi più attirato dalla tastiera elettronica, tanto che con grande sacrificio i miei genitori per assecondare i miei desideri, mi regalarono, non ancora adolescente, uno dei primi “Bontempi“, una bella pianola molto più che un giocattolo, qualcosa in meno del moog che Keith Emerson, in quegli anni pugnalava ad ogni concerto. Sì dai… molto meno di qualcosa.
Musicista, quindi? Ero una ragazzo tormentato, tanto che non sapendo cosa fare, una mattina presi l’autobus ed andai a sedermi vicino al Conservatorio di Musica per osservare le facce dei miei futuri compagni di classe. Fu così che mi iscrissi al Liceo Artistico che in quegli anni era dentro l’Accademia di Belle Arti, che ci vuoi fare, prevalse il senso estetico in senso visivo.
Ok dai, mi sembra che tu stia aprendo uno spin-off e la stai prendendo larga, devo mettere nel microonde il mais per i popcorn?
No no no, è vero eravamo rimasti su una spiaggia di Atlantide e del libro di Sergio Frau, volevo solo farti capire perché c’è sempre un luogo, un’ambientazione in questi racconti che nasceva dalla percezione delle cose che mi stavano intorno – oggi si direbbe location, per quanto di fantasia – e quella dell’isola mito, era qualcosa che veniva da molto lontano. Accadde poi che un giorno, in un giorno del 1975, vinsi un disco rispondendo esattamente ad un quiz sui Beatles di Radio Casalecchio – in realtà, corressi i DJ della radio che avevano mal formulato il quiz, tanto da dovergli dare due risposte per essere sicuro di vincere. Radio Casalecchio poi, esisteva davvero anche se di lei si è persa ogni memoria – il disco era “L’Isola Non Trovata” di Francesco Guccini.
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Mi fermo qui perché effettivamente, a questo punto potremmo ritrovarci in una serie a parte, tipo “I racconti sul prato di Romainville” che è una cittadina del nord della Francia, della regione della Senna Saint-Denis, gemellato con Casalecchio di Reno – ecco, il prato era lì a Casalecchio, non in Francia. Torniamo piuttosto al 2003, alla primavera di quell’anno steso sulla sabbia a leggere l’inizio di quel libro che rimandava subito a quel famoso mistero mai risolto:
Davanti a quella foce che viene chiamata, come dite, Colonne d’Eracle, c’era un’isola. Tale isola, poi, era più grande della Libia e dell’Asia messe insieme, e a coloro che procedevano da essa si offriva un passaggio alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente che stava dalla parte opposta, intorno a quello che è veramente mare.[…] In tempi successivi, però essendosi verificati terribili terremoti e diluvi, nel corso di un giorno e di una notte, tutto il complesso dei vostri guerrieri di colpo sprofondò sotto terra, e l’Isola di Atlantide, allo stesso modo sommersa dal mare, scomparve…
A me questa cosa che Sergio Frau avesse spostato le Colonne d’Ercole nel Canale di Sicilia, mi sembrava una genialata bestiale, come non averci pensato prima!
A dire il vero, Sergio Frau mette giù il libro come una inchiesta giornalistica di quelle oggi nessuno sa più scrivere, per tanto pose quella domanda che ognuno avrebbe dovuto fare: “Chi ca**o ha spostato le Colonne e poi perché?” – Beh, no dai Frau, “chi ca**o” non lo ha scritto sul libro – anche se poi, la risposta era abbastanza ovvia ma lo scoprimmo solo dopo. Lo fece Alessandro Magno, con le sue conquiste che espansero i confini del mondo in luoghi prima di allora sconosciuti ai Greci. Eh sì sono i Greci che han fatto tutto ‘sto casino per quanto provarono a coprire la cosa con una serie di fake news, da Elena a la Guerra di Troia. È che avevano troppi eroi da accontentare.
Lyon Sprague De Camp che se non sai chi è, ti basta una veloce ricerca sulla rete per scoprire che è stato uno scrittore, soprattutto di fantascienza di quelli famosi ma molto famosi, descrisse Atlantide come un sentimento umano. Una speranza che possa esistere o anche solo sia esistito, un luogo di pace e abbondanza, di bellezza e giustizia. Un pianeta ideale, magari come descritto tante volte in molti dei suoi romanzi di fantasy o fantascienza, o in quelli dell’amico Isaac Asimov attraverso i personaggi della psicostoria del mitico Hari Seldon e del lungo viaggio millenario della Fondazione. Ecco, in questo senso andrebbe letta la storia di Atlantide, come se fosse un romanzo di fantascienza, un po’ fantasioso, un po’ no. Non un luogo fisico vero e proprio ma qualcosa che sta dentro di noi. Un luogo di grande bellezza poi decaduto e a cui si cerca di restituire un ruolo importante.
Sergio Frau grazie all’impostazione data al suo libro come ti ho detto, riesce a raccontare il mistero dello spostamento delle Colonne d’Ercole come se fosse un fatto di cronaca, di quelli da TG della sera ma importante, una breaking news che ti fa interrompere le trasmissioni. Il giornalista romano indaga col piglio del detective “portando testimonianze dell’epoca“, ponendo domande a chi quelle vicende le ha sentire raccontare dal suo autore Platone; ti porta a dubitare che ad un certo punto della storia che hai imparato a scuola, come se qualcosa o qualcuno abbia voluto cancellare un passato pericoloso per gli equilibri del pianeta. Disegna mappe, misura distanze, formula delle ipotesi, sviluppa la sua teoria.
Ecco, ora immagino mi parlerai della Teoria del Paleocontatto, gli Alieni venuti dallo spazio e mischiati a noi come i Visitors? Dai, vado a prendere i popcorn che si ride.
Ah no, non ne ho la minima intenzione anche se si potrebbe risalire alla mitologia greca del Chaos primordiale, o forse a qualcosa di egizio e magari ci potrebbe pure scappare una puntata di Kazzenger.
Voglio dire, Platone sembra dovesse scrivere una trilogia, tipo Asimov o Star Wars, solo che lui poi si fermò a due: Il Timeo e Il Crizia, quest’ultimo per altro incompiuto. Per cui non sappiamo cosa avesse da dire nel terzo capitolo della saga, non c’era mica la Disney a cacciare i soldi per il finale.
La storia comunque, ha inizio con Timeo che riferisce cose che voi umani… – ah no, questa non c’entra è un altro film – raccontate da un sacerdote egizio ed iniziate 9000 anni prima, fai conto, più o meno nel Neolitico, lasciando poi che a proseguire il “dialogo” fosse appunto, Crizia. A quell’epoca il mondo era diviso in due e separato dalle Colonne d’Ercole o come dicevo Esiodo, il confine era determinato da una Porta di Bronzo, passaggio tra il giorno e la notte – uhmmm, questa cosa dov’è che l’ho già sentita? – al di qua e al di là di quella “cortina di bronzo” c’erano il Regno di Atene o Attica e di Atlantide che era un po’ come dire Russia e America e come loro, anche Attica e Atlantide non si vedevano certo di buon occhio tanto che alla fine se le suonarono di brutto, nonostante gli dei avessero diviso in due la terra in un modo che pareva anche equo. In pratica, prima di quell’epico scontro, a Poseidone toccò l’Ovest con Atlantide, ad Atena ed Efesto, l’Attica appunto.
Checche ne dicano i rosiconi, Atlantide – che pare fosse un’isola – era abitata da delle gran belle gnocche ed una di queste, Clito fece perdere la testa a Poseidone che la rapì circondando la collina dove abitava di terra e mare, affinché nessuno la potesse avvicinare. Ma in fondo i due si piacevano perché poi misero al mondo ben 10 figli – si sa a quel tempo il controllo delle nascite non era esattamente una priorità – e come avrai capito, il primogenito si chiamava Atlante; da non confondere però con l’altro, quello che si fece fregare da Ercole, che era figlio dell’oceanina Climene e del titano Giapeto anche se in verità, c’è qualche discordanza sui nomi. Quell’Atlante lì comunque, era anche fratello di Prometeo che a fregature certo, non era secondo a nessuno ma quella è un’altra mitologia.
Ora, molto schematicamente la storia ci dice che mentre ad Atene tutti lavoravano curvi e muti a zappare la terra, Atlantide era come un paradiso terrestre dove bastava sputare per terra per far nascere ogni ben di dio – ecco, ora non mi prendere letteralmente però, eh – una terra ricca e potente, con porti e navi, palazzi, templi e torri maestose retta dai dieci figli di Poseidone e Clito e dai loro discendenti. L’isola poi era ricca di argento e altri metalli preziosi, d’acqua e foreste, cresceva e prosperava nella pace e giustizia ma come sai, la natura umana è sempre affamata di potere, tanto che la genia si corruppe così da tentare l’invasione di Atene, la cui conseguenza più ovvia fu che Zeus si incazzò come un dio greco e non ti devo ricordare cosa succede quando uno di quelli si incazzava, attraverso Poseidone ordinò la distruzione di quella mitica isola col famoso Schiaffo di Poseidone. Non esattamente un buffetto paterno.
L’ho chiamata cortina perché sarebbe più giusto dire che i Greci non sapevano cosa c’era di là dalle Colonne, ad Ovest era l’ignoto popolato di mostri e pirati.
Si dice che là, nella Isola del Grande Verde, esistesse un popolo chiamato Shardana che già aveva tentato l’invasione dell’Egitto – lo riferisce uno dei Ramses, fonte quindi attendibile – ed ancora prima si era recato in visita ma pare esistessero intensi scambi con i Faraoni, per convincere Akhenaton, il re eretico e padre di Tutankhamon, a convertirsi all’unico dio, al monoteismo cosa che effettivamente poi fece. Esistono poi anche altre vicende più o meno documentate, come quella che racconta che agli Ittiti gliele abbiano suonate e di brutto, proprio gli Shardana; si dice anche che furono la scorta di Mosè verso la Terra Promessa e che facessero altri lavoretti per la sicurezza dei Faraoni che li ritenevano invincibili ma questa è però un’altra storia o leggenda.
Gli Shardana comunque, non è che facessero tutto quel casino da soli, no erano in buona compagnia. Pare formassero con altri una coalizione piratesca che partendo da Ovest appunto, da oltre le Colonne d’Ercole, portavano un po’ di “allegria” ad Est nei possedimenti di Attica ma anche in Anatolia, Siria, Egitto come detto, Palestina e cose così. Insomma se la spassavano a prendere un po’ per il culo tutti quegli eroi greci anche se tra loro c’erano anche greci o giù di lì, eh.
Insieme a Shardana c’erano Šekeleš (Siculi), Peleset, Libu (Libia), Tursa (forse gli antenati degli Etruschi) e un bel po’ di altri allegri compari che di tanto in tanto si ritrovavano per menare un po’ le mani, noi li chiamiamo i “Popoli del Mare“.
I Greci son brave persone ma a quei tempi e ne avevano tutte le ragioni, sia chiaro, erano un po’ troppo egocentrici. Loro guardavano tutto dal loro centro che era Delfi, il famoso “ombelico del mondo” dove c’era anche l’altrettanto noto Oracolo del dio Apollo, per cui guardavano con grande diffidenza e paura a tutto ciò che arrivava da oltre cortina eppoi non è che facessero gran vita sociale impegnati com’erano, tutto il giorno chini sulla terra, a zappare. Mettici anche che Platone scrisse quei dialoghi durante o subito dopo alcuni viaggi in Sicilia, storie di confine in pratica, il Checkpoint Charlie dell’antichità, capirai allora che se le Colonne d’Ercole erano lì e segnavano il confine – e ci sono pochi dubbi in proposito – e lui era in Sicilia, allora l’isola della bella Clito, era la Sardegna ed io, qualche millennio dopo ero lì, sulle sue spiagge a leggere e prendere il sole. Chiamami scemo!
“Le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta” “Come, quando e perché la Frontiera di Herakles/Milqart, dio dell’Occidente slittò per sempre a Gibilterra“, battute a parte, non solo è un gran bel racconto, comunque tu lo voglia interpretare o riempire di significati, è scritto proprio bene e fu quello che mise in moto Atlantide come radio, o meglio come il proseguimento di quella mia esigenza espressiva di dire le cose, di creare mondi o ambientazioni attraverso quel mezzo.
Banalmente, verso la fine dell’estate di quell’anno, la mia collaborazione con Radio Centrale International – che ti ricordo era un nome di fantasia preso in prestito dalla radio dove debuttai – si interruppe per motivi personali; l’anno successivo, il 20 gennaio 2004, registravo il nome a dominio di atlantide.it dove sei adesso, cominciando a definirla come “la radio che non c’è” perché effettivamente, allora proprio non esisteva, era solo un sito internet e basta. Nulla di più.
Ed anche oggi Atlantide è una radio fuori dalle rotte conosciute, non la puoi ascoltare perché andrebbe sentita ed è molto simile a quella Città di Frontiera che cominciò probabilmente a nascere anche prima di quel quiz sui Beatles, non fosse altro perché anche lei se ne stava “al confine tra il giorno e la notte”. Era iniziato un viaggio, sempre che esista un inizio.
Atlantide anche se il racconto parla di un vissuto passato, non ha in sé il seme della nostalgia, tutt’altro. C’è il dubbio che domani possa essere meglio e con esso la ricerca di quello che verrà. Una nuova spiaggia su cui poggiare il piede dopo un lungo viaggio per mare. Io sono lì.