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Are We Not Men? We Are Devo!

Reading Time: 6 minutes Eppure, con la rivoluzione digitale si era creato un nuovo, strano ibrido, evolutosi – ma c’è chi afferma che si sia appunto, “devoluto”. Punti di vista – nell’attuale “Era Biomediatica”.
In pratica, i Media Digitali sono, allo stato delle cose, del tutto indistinguibili dalle persone che li usano, o meglio, le loro storie, le loro vite sono oggi un tutt’uno col media stesso. Questa mutazione è iniziata una decina di anni fa, pur essendo presente da molto tempo prima.

Devo - Devolution
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Dalla rivoluzione digitale all’evoluzione biomediatica

Forse neppure i Devo, con la loro Devoluzione, potevano immaginare una trasformazione così radicale del genere umano: da unità al carbonio a quella biomediatica. Ma non era forse quello che intendevano quando enunciavano al mondo, il loro: “Are We Not Men? We Are Devo!“? No, forse no.

Eppure, con la rivoluzione digitale si era creato un nuovo, strano ibrido, evolutosi – ma c’è chi afferma che si sia appunto, “devoluto“. Punti di vista – nell’attuale “Era Biomediatica“.

In pratica, i Media Digitali sono, allo stato delle cose, del tutto indistinguibili dalle persone che li usano, o meglio, le loro storie, le loro vite sono oggi un tutt’uno col media stesso. Questa mutazione è iniziata una decina di anni fa, pur essendosi manifestata molto tempo prima.

E così che, ancora una volta, si ripresenta quella stessa domanda più volte formulata in questi articoli: La Radio, in tutto questo, ha ancora un ruolo?

Dalla C60 allo Smartphone

Credo che la trasformazione della “Radio Libera” degli anni ’70, in “Radio Privata” – o Commerciale, come è più corretto chiamarla – sia il naturale processo di mutamento del mercato, iniziato negli anni ’80 con i primi Network. In quello stesso periodo si impone diffondendosi tra i giovani, il Walkman anche grazie allo sviluppo di nastri magnetici, sempre più piccoli e compatibili con i lettori audio portatili di cassette.

Ed è in quel momento che si comincia a togliere un po’ del potere di intermediazione alla Radio, potere che fino ad allora era confinato in ambiti bancari o del commercio. Entrando nell‘Era Biomediatica, quei confini sono poi scamparsi e se oggi sentiamo parlare di Spotify come di un “concorrente” della Radiosolo da alcuni, in verità – è solo perché ci si dimentica, o non si conosce, dello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa.

Facciamo allora un piccolo passo indietro, una divagazione più che altro, perché prima della C60, di quello strumento cioè, passato alla storia nello slang del tempo come “la cassettina“, portarsi la musica “dove” si desiderava per essere poi ascoltata “quando” lo si voleva, non era un’abitudine nata in quegli anni. Bisogna risalire agli anni ’50 e più ancora, al suo boom degli anni ’60 con l’introduzione della Stereo 8.

Chi ha piratato la Radio?

Sì, la “cassettina” è arrivata molto tempo dopo ma questo salto “indietro nel futuro” era utile per ricostruire la linea temporale nel suo procedere tradizionale. Oggi, però sappiamo che il tempo non è fatto di momenti che si susseguono – citare Dark non fa mai male – e volendo, ne possiamo disporre come meglio crediamo.

La situazione al momento è quindi questa: la “multimedialità” che ha caratterizzato parte degli anni ’80 e tutti gli anni ’90, è superata. Finita.
Il “contenuto” nasce e si trasforma a seconda del medium che va ad occupare. La stessa “crossmedialità” fatica a tenere il passo con la potenza del “contenuto” declinato al transmediale.

Tutto il potere al Contenuto

Nel mondo dei Media dell’Era Biomediatica tutto si è trasformato, niente è più come prima. È come se una flotta di pirati si fosse coalizzata contro i mezzi di comunicazione e ne avesse rubato il loro potere. Non esattamente un “furto” di diritti, di copyright ma piuttosto, un arrembaggio al dominio di “Sua Maestà il Mezzo” che continuava a navigare in acque che credeva sue per diritto divino.

Qualcosa del genere era già comunque, accaduto tra l’800 e il ‘900 quando un gruppetto di pirati del cinema, provenienti da New York, fondarono Hollywood. Con le dovute differenze, una storia che si ripete.

Tornando alla transmedialità, la pratica di raccontare storie con questa tecnica “fluida”, era presente sin da tempi remoti, riservata a pochi e con strumenti non esattamente paragonabili ad oggi. Per fare qualche esempio famoso, Star Wars è un prodotto transmediale, così come lo è il mio preferito: Matrix. L’Unicorno, l’ultima delle figure in origami che Gaff costruisce per Deckard in quel capolavoro qual è Blade Runner, è considerato, per chi si occupa di narrazione transmediale, come un Santo Protettore.

ok, la scena non è esattamente quella ma come rinunciare alla bellezza del sogno di Rachael e Deckard?

Nel terzo millennio, con il definitivo affermarsi del digitale, il potere di intermediazione dei media, viene implicitamente abolito. A farlo, colui che sino al giorno prima, era solo uno spettatore passivo. Per il vecchio e silenzioso ascoltatore è stato come trovare la cassa del tesoro di un pirata, nascosta dentro misteriose indicazioni di una mappa.

È stato un lento ma inesorabile processo di trasformazione che ha reso sempre meno distinguibili i generi musicali, ad esempio, creandone di nuovi. Gli stessi mezzi di comunicazione hanno cominciato a moltiplicarsi, rendendosi sempre più personalizzabili, fino a mettere al centro l’utente. Scardinando così quella gerarchia tradizionale che aveva sin lì, governato quel suo mondo.
Siamo entrati così nell’Era Biomediatica, con la naturale conseguenza di un meticciato dei media sempre più spinto, tale da renderli sempre più indistinguibili. Broadcast Yourself! diventa il claim per l’Io-Utente.

Il Diritto di Estemporizzazione: l’ultima frontiera

Questi articoli nascono da un post sul profilo dell’amico Luca Ruggero Jacovella dedicato al fenomeno Jerusalema dell’artista sudafricano Master KG. E a lui non potevamo non chiedere cosa sta succedendo nella musica italiana entrata a forza per effetto della globalizzazione tecnologica. Fra transmedialità, teoria della musica audiotattile ed estemporizzazione. Ecco cosa ci ha detto:

“Si tratta, infatti, di abbandonare categorie fisico-cognitive tradizionali e ad entrare a far parte di una nuova modalità di interazione uomo-ambiente, nella quale la nuova tecnologia consente il recupero di elementi di una fisicità in parte compromessa da precedenti tecnologie.

In tema di interazione mediale e formatività artistica, specificatamente nel campo musicale, è stata elaborata la Theory of Audiotactile Music, modello teorico formalizzato dal musicologo transculturale Prof. Vincenzo Caporaletti, attraverso il quale è possibile studiare e comprendere fenomenologie che esulano dalla tradizionale categoria delle opere “composte” e poi “eseguite” all’interno del principio cognitivo e culturale cosiddetto “visivo”.

Parliamo dunque delle “musiche audiotattili” quali il jazz, il rock, la world music, ecc.

In questo ambito creativo e performativo il prodotto coincide con il processo. Processo formativo (delle opere, del prodotto) che avviene nel tempo (ex-tempore). Ed è proprio l’estemporizzazione dal vivo (manipolazione creativa e costitutiva della musica), ad opera dei performer, che viene fissata anche dal medium della video-registrazione attraverso gli smartphone di cui tutti siamo dotati, e sovente istantaneamente diffusa in streaming sulle piattaforme social.

Il Performer Creativo, una nuova figura del diritto

Al fine di poter riconoscere ai suddetti performer creativi un equo compenso per la diffusione del loro lavoro reso dal vivo, ho pensato all’introduzione di un nuovo diritto, denominato “diritto di estemporizzazione”, attualmente promosso dal Forum Arte Spettacolo nell’ambito di un corposo pacchetto di riforme per lo Spettacolo che verranno suggerite al legislatore.

Va bene, ma cos’è la Transmedialità nell’Era Biomediatica?

Il modo migliore, più semplice e chiaro per capire cosa significa Transmediale nell’Era Biomediatica. è consultare la Treccani:
transmediale agg. – Prodotto, storia, contenuto, servizio capace di viaggiare tra più piattaforme distributive e di incarnarsi su media differenti secondo le regole della convergenza. Il suo significato è dunque simile a quello di crossmediale, ma con una sfumatura diversa qualora usato facendo riferimento alla definizione transmedia storytelling di Henry Jenkis: si sottolinea infatti la capacità del prodotto, storia, contenuto, servizio di aggiungere brandelli di senso e narrazione a ogni sua incarnazione sulle diverse piattaforme.

Semplice, no? In pratica, nel mondo transmediale il contenuto, la storia, l’emozione torna ad essere centrale mentre il “ferro” si mette al servizio del racconto, offrendosi come piattaforma di un ecosistema.

La domanda che ancora una volta ci poniamo, è se la Radio sia in grado di generare un suo “storytelling transmediale” o se, addirittura possa essere in grado di creare la sua narrazione da espandere in altri media, interessando così un pubblico diverso, magari proprio quello che la radio ha smesso di seguire. Se sia cioè, capace di trasformarsi per rispondere alle domande dei nuovi ascoltatori.

La risposta non è affatto scontata e potrebbe volerci ancora molto tempo prima che si crei una “Nuova Radio“. Forse la prossima generazione, la Generazione Z, sarà capace di costruirne una così diversa e trasformata nel linguaggio da renderla irriconoscibile ai nostri occhi di acidi boomer.

La Radio nell’Era Biomediatica.

È stato detto molte volte in questi articoli per Radio Atlantide: La Radio pare non aver ancora trovato la giusta chiave per rispondere alle trasformazioni dei Media in questo nuovo ecosistema digitale. Stenta a trovare un posto adeguato nell‘Era Biomediatica, forse perché ancora troppo auto-riferita.

Se cominciasse anche lei il suo processo evolutivo verso forme più fluide di comunicazione, e certamente molto più complesse – ma proprio per questo, molto più affascinanti – abbandonando la sua comoda bolla, potrebbe finalmente scoprire che oltre il proprio mixer, c’è molto di più.